Gotor, il guru del disastro elettorale che ora spinge Pier Luigi nel baratro

Le giravolte dello spin doctor di Bersani che diceva "mai con Grillo"

Gotor, il guru del disastro elettorale che ora spinge Pier Luigi nel baratro

Se vi state per caso chieden­do chi sia quella mente così sofisticata, brillante e folgo­rante che ha suggerito a Bersani di chiedere in ginocchio a Grillo i voti per dare il via al governo Gar­gamella (come Grillo chiamava Bersani fino a tre giorni fa, prima di ribattezzarlo, forte della sua nuova sensibilità istituzionale, «il morto che cammina» e «l’uo­mo dalla faccia come il culo») il nome da appuntare sul taccuino è quello del grande consigliere e spin doctor del leader del centro­sinistra, insomma il grande puf­fo di Bersani: Miguel Gotor.

Miguel Gotor - da mesi nel Pd affettuosamente chiamato nel Pd «Aspettando Gotor», nel sen­so che tutti aspettano con ansia che il buon Miguel ne dica una giusta- è il più brillante tra i cerve­l­loni che vive fianco a fianco con il segretario i giorni della «non vit­toria » e all’interno del famoso «tortellino magico»che ha scorta­to per mesi il leader del centrosi­nistr­a durante la campagna elet­torale non c’è dubbio che lo stori­co romano (classe 1971) abbia rappresentato, in qualche mo­do, quello che David Axelrod ha rappresentato per Barack Oba­ma- o, se volete, quello che Birba ha storicamente rappresentato per il mitico Gargamella. Molto probabilmente, Gotor (autore, insieme con Claudio Sardo, di un’agiografia bersaniana pubbli­cata nel 2011 per Laterza) lo avre­te tutti notato per la prima volta questa settimana quando lunedì sera l’eminenza grigia del segre­tario, presentandosi con invidia­bile nonchal­ance di fronte alle te­lecamere di Porta a porta , invece che ammettere che c’è mancato poco a che il giaguaro smacchias­se Bersani, come se nulla fosse ha iniziato a dettare la linea; dicen­do: ragazzi, non scherziamo, non è finita, non abbiamo perso, siamo ancora in pista, siamo an­cora in palla e abbiamo ancora una carta formidabile, che dico, straordinaria per smacchiare il giaguaro: dimostrare che quello che vuole mandare tutto all’aria non siamo noi ma naturalmente è Beppe Grillo.

In queste ore di grande e spa­smodica attesa per il futuro del possibile governo Garagamella, poi, nel Pd gli osservatori più ma­liziosi, quelli cioè iscritti alla mo­zione «Aspettando Gotor»,ricor­dano che anche su Grillo il consi­gliere di Bersani, come spesso gli ècapitato, hacambiatoprospetti­va nel giro di un weekend. E dopo aver passato con coerenza mesi, mesi e mesi a girare l’Italia su mandato di Bersani per ricorda­re che «mai e poi mai scendere­mo a compromessi con i populi­sti alla Berlusconi e alla Grillo » og­gi, oplà, eccolo qui, il nostro Go­tor, impegnato a dimostrare per­ché il compagno Grillo, e che non lo sapete?, è praticamente, una formidabi­le costola della sinistra. «Die­tro gli otto mi­lioni di voti che ha preso Grillo - ha det­to ieri Gotor al­la Stampa­ c’è ancheunapro­testa che viene da sinistra a un modo di essere della sinistra che interroga il Pd e deve essere ascol­tata con umiltà». Le giravolte di Super Miguel Godor non sono però una novità del curriculum dell’ideologo del bersanismo. Gotor, che fino a qualche mese fa scriveva anche per Repubblica, da cui si autosospeso dopo esser­si schierato con Bersani in cam­pagna elettorale, arrivò a Largo Fochetti dopo aver scritto peste e corna proprio su Repubblica (giornale il cui Fondatore, secon­do Gotor, «piegava la realtà alla necessità»)nel suo bel libro su Al­do Moro Il memoriale della Re­pubblica .

Ma la piroetta più sen­sazionale del neo senatore Pd (Gotor era capolista in Umbria) riguarda uno strepitoso articolo che Gotor nel 2009 pubblicò sul Sole 24Ore . Articolo in cui lo stori­co analizzava il linguaggio di Ber­sani notando che l’allora candi­dato alla segreteria Pd, con tutte le sue metafore sulle osterie, le ca­scine, le pompe di benzina e le bocciofile, «sembra rivolgersi a una platea di cattolici e socialisti dell’Ottocento al punto che il pubblico che lo ascolta si sente come estraniato, quasi fosse in un museo davanti a un quadro di Pellizza da Volpedo». All’epoca, bisogna dirlo, Gotor capì con an­ticipo­quali sarebbero stati i limi­ti del bersanismo.

L’avesse ricor­dat­o qualche volta anche in cam­pagna elettorale, invece che limi­tarsi a fare bau bau a Grillo, maga­ri Be­rsani non sarebbe qui a ragio­nare su come convincere Grillo a fare un governo con Gargamella. Chissà.

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