Il governo incassa la doccia fredda della Consulta sull’abolizione delle Province e rimodula la sua strategia presentando un disegno di legge costituzionale ad hoc. Come prima mossa il Consiglio dei ministri si limiterà a cancellare le Province dalla Costituzione: tre articoli per eliminare qualsiasi riferimento contenuto nella Carta. In tutto Sono tredici i commi della Costituzione che verranno modificati. "Fin quando la parola Province rimane in Costituzione qualsiasi intervento finisce in un vicolo cieco - ha spiegato il premier Enrico Letta - è necessario fermarsi e ripartire da capo e l’ordine giusto vuol dire abolizione della parola Province dalla Costituzione".
Il disegno di legge, voluto da Letta e approvato in mattinata dal Consiglio dei ministri, ha subito trovato l’opposizione dell’Unione delle Province d’Italia che per bocca del suo presidente, Antonio Saitta, ha definito "inaccettabile" un provvedimento di questo tipo tarato solo sulle Province. "Tutto ciò conferma - ha spiegato stizzito il leader delle Province - che la politica non vuole riformarsi". A dar man forte al premier svetta in prima fila il ministro per gli Affari Regionali Graziano Delrio, già presidente dell’Anci, che ha riconosciuto che "il decreto per riformare una materia costituzionale è uno strumento improprio", anche se poi ha spento le speranze delle Province aggiungendo che "i cittadini devono stare tranquilli perché la riforma degli enti locali e la cancellazione delle Province si farà comunque". In realtà nelle intenzioni del governo c'è proprio quella di azzerarle tutte. "L'abolizione consente di uscire da un policentrismo anarchico", ha fatto notare il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello. Nessuna fusione, dunque, nessuna riduzione. Un risparmio che, stando ai conti del Tesoro, si aggira attorno al miliardo, euro più euro meno. Con un occhio ai 57mila dipendenti delle Province che scenderanno gradualmente di numero senza, tuttavia, che vi siano esuberi. Insomma, saranno i pensionamenti a sfoltire l'esercito dei dipendenti provinciali. "Il governo - ha assicurato il premier - intende salvaguardare i lavoratori delle province e le funzioni degli enti abrogati". Il ddl costituzionale rimanda, infatti, a una legge che, nell’ambito delle competenze degli altri enti locali, ripartirà le funzioni che oggi sono in capo alle Province. Quando saranno note le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale, il ministro agli Affari regionali Graziano Delrio proporrà una legge che dia applicazione al ddl.
La riforma che l'esecutivo intende mettere a punto non si ferma certo qui. Negli intenti rientrerebbero anche la razionalizzazione dei piccoli Comuni e lo sfoltimento dei circa 7mila enti di mezzo. Intervistato dal Mattino, il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello ha proposto "aggregazioni di Comuni che insistono sul rispettivo capoluogo e che possono condividere funzioni e creare sinergie". "È assurdo pensare che il sindaco di Torino debba occuparsi degli skilift di Salice D’Ulzio o che Molfetta debba fare capo a Bari. È assurdo pensare di mettere insieme l’Irpinia con il Sannio o Pisa con Livorno. Anche la storia ha i suoi diritti", ha spiegato Quagliariello secondo cui c’è bisogno di una legge a geometria variabile che "fissi criteri e funzioni ma tenga anche conto di criteri geografici e storici".
"Nel modificare la Costituzione - ha concluso il ministro - va sancito il principio che non possono esserci cinque differenti livelli di governo. Va inoltre precisato cosa sono le città metropolitane e vanno previsti criteri di flessibilità, altrimenti non si eviteranno pasticci".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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