Il grande pacificatore che assicurò la stabilità

Dal via libera a Dini fino all’esecutivo Draghi passando per le dimissioni che portarono alla nascita del governo Monti, il Cavaliere ha sempre anteposto gli interessi nazionali ai calcoli elettorali. Quando nel 2013, con la crisi del Pd dopo il siluramento di Prodi e Grillo che evoca la rivolta delle piazze, garantì la «pace» con l’appoggio a Enrico Letta

Il grande pacificatore che assicurò la stabilità
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Una costante ha accompagnato il Berlusconi leader politico negli ultimi 29 anni: l’anteposizione della stabilità dell’Italia sui calcoli elettorali. Dal 1994 ad oggi, passando dal governo Dini a quello Draghi, il Cavaliere, nonostante la ferocia degli attacchi delle opposizioni, si è imposto come capo politico «pacificatore». Un ruolo al quale non ha rinunciato nemmeno dopo gli sgambetti del presidente della Repubblica Scalfaro con l’esecutivo Dini o in seguito al «golpe bianco» che portò alla nascita del governo Monti.

Berlusconi, quando ha dovuto scegliere tra l’Italia e il partito, non ha avuto dubbi: la Patria. Ha scelto l’Italia anche quando gli esecutivi di sinistra guidati da Romano Prodi rischiavano figuracce internazionali per le intemperanze dei Comunisti di Cossutta e Bertinotti. L’ex premier e ministro degli Esteri Massimo D’Alema dovrebbe ricordarlo bene. Berlusconi, da leader di una forza politica votata da milioni di italiani, non ha aizzato la piazza quando è stato eletto un presidente della Repubblica di parte come Giorgio Napolitano. Il ruolo di pacificatore Berlusconi se l’è conquistato già all’esordio. Nel 1994 vince le elezioni e va a Palazzo Chigi. Meno di un anno e arriva la crisi di governo, con l’addio della Lega di Umberto Bossi alla maggioranza. Il 22 dicembre del 1994 il cavaliere rassegna le dimissioni. L’allora presidente della Repubblica Scalfaro affida l’incarico per un esecutivo di transizione a Lamberto Dini, ministro delle Finanze proprio nel governo Berlusconi: il Cavaliere non si tira indietro e sostiene un esecutivo che ha per lui il sapore di una beffa. Nel 2008, dopo la breve parentesi del Prodi bis, Berlusconi stravince le elezioni alla guida del Pdl. Tre anni dopo, sulla pressione dei mercati e dello spread, viene accompagnato alla porta di Palazzo Chigi. Una manovra a tenaglia, tra Quirinale ed Europa, costringe Berlusconi alle dimissioni. Il Pdl non girerà le spalle all’appello del Capo dello Stato per un esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Monti. Scena che si ripete nel 2013: l’Italia esce dalle elezioni politiche con un Parlamento spaccato in due. Il fenomeno M5s scuote le Istituzioni. La Nazione è sull’orlo di una crisi sociale ed economica senza precedenti. Le piazze ribollono. Beppe Grillo evoca la rivoluzione mentre in Parlamento il Pd fallisce l’elezione al Quirinale di Romano Prodi. È la notte della Repubblica. Berlusconi potrebbe chiedere elezioni anticipate e rivincerle. Nulla. Il Cavaliere ri-indossa gli abiti del pacificatore e garantirà l’appoggio del Pdl alla nascita del governo Letta (Enrico).

La sinistra che implorava l’aiuto di Berlusconi sarà la stessa sinistra a cacciarlo dal Senato con il voto sulla decadenza. Fuori dal Parlamento ma al fianco dell’Italia nel 2017 e 2018 quando l’esecutivo Gentiloni avrà bisogno della collaborazione di Forza Italia.

C’è lo zampino del «Berlusconi pacificatore» anche nel governo gialloverde: nel 2018 le Camere sono bloccate da una lunghissima trattativa per la formazione del governo. Le consultazioni del Capo dello Stato Sergio Mattarella dureranno 2 mesi: l’Italia sta precipitando verso il voto bis.

La svolta arriva con il via libera di Berlusconi a Salvini, che si staccherà dal centrodestra per formare una maggioranza con i Cinque stelle. E sarà ancora Silvio il pacificatore a benedire personalmente con il famoso faccia a faccia il governo Draghi nel 2021.

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