La rappresentante per la libertà di stampa dell’OSCE Dunja Mijatovic ha sollecitato le autorità italiane a depenalizzare con urgenza la diffamazione. "È deplorevole che nel 21° secolo una persona possa essere imprigionata per ciò che scrive. I tribunali civili sono pienamente in grado di soddisfare le richieste delle persone che ritengono danneggiata la loro reputazione", ha dichiarato a Vienna
commentando la condanna del giornalista Alessandro Sallusti a 14 mesi di reclusione.
"Una pena detentiva per diffamazione è sproporzionata e non è compatibile con gli standard democratici. La Corte Europea dei diritti ha evidenziato in varie sentenze che le condanne penali per diffamazione hanno un effetto agghiacciante sull’intera popolazione giornalistica e sulla libertà di stampa", ha aggiunto la rappresentante per la libertà di stampa dell’OSCE.
Tornando nel nostro Paese, sono continuati gli attestati di solidarietà dal mondo politico e non solo. Cinque consiglieri laici del Csm in quota centrodestra (Pdl e Lega) hanno espresso, in una dichiarazione letta durante il plenum,"solidarietà" al direttore Sallusti.
Secondo Ettore Adalberto Albertoni, Annibale Marini, Filiberto Palumbo, Bartolomeo Romano e Nicolò Zanon "si tratta di una condanna priva di sostanziali precedenti, poiché la giurisprudenza ha solitamente irrogato, in tali casi la sola pena pecuniaria".
Napolitano "conceda la grazia a Sallusti", ha chiesto il senatore della Lega Roberto Castelli. "La grazia ad Alessandro Sallusti è un’insopportabile scappatoia per la politica. Il Parlamento non può continuare a nascondersi che il problema è ben più grave di un singolo episodio, sottraendosi ad una responsabilità che finge di non avere da troppi anni", ha invece sostenuto il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino.
I senatori Vannino Chiti, vice presidente del Senato, e Maurizio Gasparri, presidente del gruppo Pdl al Senato hanno presentato oggi un disegno di legge volto a modificare il reato di diffamazione previsto dal Codice penale.
Nello specifico, i due senatori ritengono "urgente intervenire sulla disciplina della responsabilità per diffamazione in Italia omogenizzandola agli standard europei, che prevedono sanzioni pecuniarie e non detentive. L’intento è quello di un equilibrio tra la libertà di stampa e la tutela della reputazione dei singoli".
La sentenza di condanna per Alessandro Sallusti "era già scritta". Ne è convinta Daniela Santanchè, ospite a Pomeriggio Cinque, che poi ha aggiunto: "Se non fosse stato un magistrato ma un idraulico il querelante, credere che sarebbe stata la stessa cosa?. Se si fosse trattato del direttore di Repubblica o del Fatto quotidiano ci sarebbe stata una condanna a 14 mesi?".
"Ritengo che per la diffamazione il carcere sia una misura sproporzionata anche nei casi più gravi: nella vicenda di Sallusti senz’altro c’è una componente "emotiva" della magistratura, che reagisce più duramente quando avverte che l’attacco è portato contro l’ordine giudiziario". È questa l’opinione del professor Ennio Amodio, presidente dell’associazione tra gli studiosi del processo penale, intitolata a Gian Domenico Pisapia.
"Proprio il caso di Sallusti suggerisce un intervento sugli organi che dovrebbero occuparsi della diffamazione: non più un collegio di giudici ma un collegio misto di giudici popolari e togati, affinché si reintroduca il sentimento della gente comune che farebbe venir meno certe asprezze, nelle condanne per diffamazione, che risentono di decisioni prese solo con valutazioni tecniche", ha suggerito Amodio.
Infine, Amnesty International ritiene che la "diffamazione non debba essere punita con norme penali e possa invece essere contrastata con procedimenti di tipo civile".
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