Il libro intervista al comandante del nucleo celere Canterini fatto da Chiocci e da Di Meo ripropone interrogativi assai seri che sono tuttora presenti in chi ha seguito la drammatica vicenda del G8 di Genova senza avere interessi o «verità precostituite» da difendere. Vale la pena ripercorrere la vicenda dal suo inizio. Il governo, a partire dal presidente Berlusconi e dal ministro dell'Interno Scajola, aveva tutto l'interesse a che sia il G8 sia le manifestazioni di contestazione si svolgessero pacificamente. Infatti, fu ricercata dal governo una mediazione con Rifondazione Comunista e i suoi parlamentari ritenendo che essi fossero in grado di gestire il movimento. Purtroppo Rifondazione, pur essendo animata da buone intenzioni, non era certamente dotata di un forte servizio d'ordine né controllava una larga parte dei manifestanti, certamente non i black bloc ma neanche quei circa 5mila che vennero a Genova con l'intenzione, poi messa in atto, di praticare la guerriglia urbana. D'altra parte Genova, scelta da un governo di centrosinistra, non era certamente la città ideale per controllare una situazione nella quale un pezzo di manifestanti erano venuti con l'intenzione di praticare guerriglia.
Nelle ricostruzioni che si fanno oggi, anche attraverso dei film, vengono spesso «dimenticati» e rimossi i primi due giorni caratterizzati dall'azione distruttiva dei black bloc e da una guerriglia urbana di massa. A loro volta le forze dell'ordine si mossero mettendo in evidenza diversi punti deboli. In primo luogo era molto discutibile lo schema fondato sulla divisione fra una «zona rossa» del tutto impenetrabile e una «zona gialla» parte della quale fu praticamente abbandonata alle operazioni distruttive dei black bloc; per parte loro i dimostranti che erano praticanti della guerriglia urbana entravano e uscivano dai cortei pacifici usandoli come strumento al riparo dei quali sviluppare la loro azione. In secondo luogo i carabinieri avevano messo in campo molti automezzi guidati da autisti che non conoscevano Genova e molta truppa composta da ragazzi di leva. Due incidenti assai gravi, quello nel quale 11 carabinieri si salvarono per miracolo fuggendo da un automezzo dato alle fiamme e quello in cui il carabiniere Placanica per legittima difesa sparò un colpo di rivoltella che colpì il povero Giuliani che però stava lanciando contro l'automezzo bloccato un estintore, avvennero perché in entrambi i casi chi guidava i mezzi aveva sbagliato strada. Dopo la morte di Giuliani praticamente i carabinieri furono ritirati. Sulla Diaz, prima dell'assalto serale notturno, fu data notizia che in essa erano mescolati black bloc ed esponenti del Genova Social Forum. Probabilmente nella certezza di dimostrare questo assunto il dottor Sgalla chiamò sul campo le televisioni che però arrivarono giusto in tempo per riprendere le tragiche immagini di decine di persone massacrate perché colpite mentre dormivano. Già fu inusitato rispetto alle procedure che i Celerini di Canterini fossero fatti entrare in locali non illuminati o addirittura al buio dicendo ad essi che si sarebbero scontrati con soggetti armati. Già quando ci fu la Commissione d'indagine parlamentare, che aveva poteri di accertamento quasi inesistenti, emerse l'interrogativo sull'esistenza di un nucleo non identificato di «picchiatori» che aveva preso d'assalto la Diaz prima dell'ingresso dei Celerini. Per esser franchi, malgrado tutte le sentenze, è evidente che in quell'occasione fu perpetrato un massacro ma, in coscienza, che le responsabilità reali e le motivazioni di tutto ciò non sono ancora per nulla chiarite. Per di più, purtroppo la morte di chi era al comando dell'operazione - ci riferiamo al dottor La Barbera - complica ulteriormente le cose. Interrogativi rimangono aperti anche su Bolzaneto.
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