Lo stato maggiore Pd è molto soddisfatto: «Dopo la nota del Colle- spiega un dirigente a taccuini chiusi - abbiamo buone speranze di sancire finalmente l’incandidabilità di Berlusconi e pure quella di Matteo Renzi».
Due piccioni con una sola fava (ancorché quirinalizia). Del resto le due cose si tengono: con la leadership del Cavaliere avviata (sperano a sinistra) all’archiviazione grazie alle condanne giudiziarie, il governo delle larghe intese perde il suo marchio d’infamia e diventa una serena prospettiva di lungo, anche lunghissimo periodo per il Pd. Lo si capisce dal calore con cui esponenti diversi come Luciano Violante e Stefano Fassina prevedono a breve una «evoluzione pienamente europea»,come dice il viceministro dell’Economia, per il centrodestra, ormai in procinto di tramutarsi, preconizza Violante, «da partito carismatico a grande e autonomo partito politico europeo».«Conservatore » sì, ammette Fassina, ma molto più presentabile in società di prima, quando c’era Lui. Un partito con cui non creerà più imbarazzi essere e restare alleati. E una prospettiva di larghe intese forever allontana vertiginosamente il pericolo di una ascesa di Renzi, agli occhi dell’ establishment piddino. «Quella di Napolitano- dice malizioso Peppe Fioroni - suona come una decisione: legislatura e governo devono andare avanti. E se qualcuno era tentato di legare il congresso Pd a una spallata al governo, si dovrà ricredere».
Per questo dal Pd non arriverà alcuna collaborazione rispetto alla richiesta di «agibilità politica » di Berlusconi: è esattamente quella che si vuole evitare. «Agibilità politica? Non so cosa voglia dire», liquida la faccenda il capogruppo Pd al Senato Luigi Zanda. Sulla grazia al Cavaliere, un domani, si potrà anche ragionare e non alzare barricate. A patto però che il Pdl si liberi dalla sua ingombrante leadership politica. «L’Italia - dice Luciano Violante- ha bisogno di un partito di destra, ma non può essere un partito carismatico sottoposto alla regola “se cade il leader cade il partito“». Per cui, sulla questione incandidabilità e decadenza di Berlusconi gli alleati di governo restano irremovibili. Anche in caso di grazia, spiegano, l’estromissione dal Parlamento resterebbe in vigore. «L’eventuale grazia che potrebbe concedere Napolitano non c’entra nulla ai fini dell’incandidabilità perché la grazia interverrebbe sull’esecuzione della pena principale e non sugli effetti della condanna », asserisce Dario Stefano, il presidente della Giunta che il 9 settembre prossimo inizierà l’esame della pratica Berlusconi in Senato. E che per il Cavaliere non ci sia alcuno «spiraglio» lo ribadisce anche il costituzionalista ed ex senatore Pd Stefano Ceccanti: «Non ha alternative al fatto di uscire dal Parlamento, anche l’eventuale grazia riguarderebbe solo la pena principale». Con poche idee ma confuse, intanto, Beppe Grillo fa di ogni erba un fascio e sfida il Colle e minaccia sconquassi erga omnes: «Se Berlusconi sarà salvato, moriranno le istituzioni. Napolitano uscirà di scena nel peggiore dei modi.
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