Lasciare o no? La verità su Formigoni e la Lombardia

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Della Frattina a pagina 4

Il nuovo tsunami giudiziario che colpisce la Regione Lombardia impone qualche riflessione - amara - a noi cittadini, e qualche riflessione - non meno amara - al governatore Roberto Formigoni. Qualche tempo fa, mentre già sul Pirellone (...)

(...) grandinavano le accuse e la sinistra tutta brandiva coltelli e flagelli contro il «Celeste», del Celeste medesimo e del Pirellone ho preso le difese. Non per contestare gli addebiti mossi a personaggi di sicuro inadeguati e forse corrotti, ma per sottolineare una singolare contraddizione. Questa amministrazione regionale bollata come una suburra, come la fogna in cui l'area più importante, più produttiva e se permettete anche intellettualmente più vivace d'Italia è per sua sventura immersa.
Contestavo questa diagnosi infausta osservando che le cifre non sono tutto ma hanno una loro arida eloquenza, e se la Lombardia viene gestita bene con un quinto o un sesto del personale che gestisce male la Sicilia, se in ogni confronto le altre Regioni sono surclassate, se ne può e se ne deve dedurre che, nonostante tutto, il dominio formigoniano merita la qualifica di virtuoso. Immaginate, con l'aria che tira, i sarcasmi cui ha dato luogo questa mia affermazione. Ma insisto. Il che non esclude né i colpi di manolesta sul denaro pubblico né le connessioni pericolose - anzi, se vere, infami - tra alcuni livelli politico-amministrativi e la criminalità organizzata. La colpa più grave dei negligenti o lestofanti del Pirellone e del San Raffaele - i tipi alla Zambetti e alla Penati - non sta tanto nell'entità delle loro ruberie e collusioni, sta nell'avere sputtanato istituzioni di prim'ordine, da prendere per molti aspetti ad esempio. Da lombardo rivendico i primati lombardi e mi dissocio dalla canea urlante che, sulla scia d'antiche avversioni cinematografiche e letterarie al cumenda milanese, butta la croce addosso a questa terra, da non confondere né con i ladri e con gli imbroglioni né con il leghismo ruspante delle male parole.
Non rinnego, perché sono veri, gli argomenti in favore della Lombardia. Ma Formigoni si renda conto della situazione. Non gli è più concesso di trincerarsi dietro formule burocratiche o evasive dicendo che le malefatte di Zambetti ricadono unicamente su Zambetti e azzardando distinguo spericolati tra le responsabilità individuali e le responsabilità istituzionali e amministrative. Tocca a lui, e soltanto a lui, affrontare il garbuglio maleodorante attestato dalle procedure legali e prendere decisioni chiarificatrici. Renata Polverini, in condizioni ben più precarie, l'ha fatto: magari un po' cedendo alla sfrontatezza quando ha vantato un suo ruolo purificatore. Non esigo, perché non spetta a me, che Formigoni si dissoci dal malcostume, spieghi come e perché è potuto accadere che dilagasse nelle stanze regionali, indichi misure precise di risanamento e, se lo ritiene opportuno, per il bene dell'istituzione che tanto a lungo e con tanti successi ha impersonato si dimetta. Per recuperare la fiducia in se stessa l'Italia deve anzitutto recuperarla nella Lombardia, che dell'Italia è il motore. Si ripete che non bisogna buttar via il bambino con l'acqua sporca, ossia negare i primati lombardi nel nome d'un moralismo che, se viene da certi pulpiti, è ipocrita e impudente. Ma non si può far finta di niente. Il bubbone lombardo esiste, mi auguro che sia curabile senza troppa fatica.

Formigoni è stato bravo in molte azioni e decisioni, non lo è stato nella scelta di alcuni (troppi) uomini, funzionari o politici che fossero. Non mi associo all'«imputato alzatevi!» che da molti viene scandito con voce tonante. Mi limito a un «Celeste, spiegateci».

di Mario Cervi

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