L'asse Pdl-Lega non si spezza È la formula vincente al Nord

L'accordo tra Berlusconi e Maroni è fondamentale per il successo alle Regionali e per la rimonta alle Politiche, nonostante qualche malumore della base padana

L'asse Pdl-Lega non si spezza È la formula vincente al Nord

Abbracci e baci, dopo sapori e dissapori. Per suggellare la «formula magica». La santa, o quasi santa, alleanza, che ha fatto soffiare il buon vento, che ha sospinto il Cavaliere nella sua straordinaria rimonta in tutt'Italia e che, in Lombardia, ha sistemato Roberto Maroni sullo scranno di governatore. Pdl-Lega o Lega-Pdl: chi ha passato la bottiglia d'acqua e quindi i voti all'altro?
Il paragone con la celeberrima immagine di Coppi e Bartali, custodita nel prezioso archivio fotografico di Vito Liverani, non è poi così fuori luogo se, lavorando un po' con lo zoom, andiamo a vedere i risultati elettorali più da vicino. Ma la risposta è una sola: tornare ad allearsi, nonostante un anno vissuto pericolosamente, è stata la soluzione vincente. Ancora una volta. Come accade, praticamente dal 1994. Perché quando si presero strade diverse, per esempio nel '96, e il centrodestra marciò diviso, capitò semplicemente che vinse Romano Prodi.
E così, scottato da quella lezione, il patto più o meno d'acciaio, ha tenuto tra alti e bassi, fino al voto del 2006, del 2008 e si è rinnovato, intelligentemente, nel 2013. Gira che ti rigira, in buona sostanza, l'accordo, concepito nei primi giorni di gennaio, e quell'abbraccio, arrivato a chiudere la campagna elettorale di Berlusconi, che sul palco della Fiera di Milano, Bobo gli ha riservato accompagnandolo con l'affettuosa frase: «Io devo vincere in Lombardia ma a livello nazionale tocca a te e devi farcela», ha dato ragione a entrambi i protagonisti.

Eppure nella base, e non solo, ma anche tra i vertici della Lega, i dissapori c'erano eccome. Ricordate le forti riserve di Matteo Salvini, giusto per citare un tizio che nella Lega non è proprio l'ultimo arrivato? Il suo refrain è stato più o meno: «Mai più con Berlusconi». Ma Bobo, alla fine, ha convinto tutti (magari non proprio tutta la base, considerato il vistoso calo di voti leghisti nelle tre Regioni del Nord) diciamo almeno i vertici del partito sì. Tant'è che proprio Salvini, per la prima volta entra in Parlamento, alla Camera, eletto in Lombardia 1. Eppoi, è un dato di fatto che in Lombardia e Veneto la coalizione tra Lega e Pdl abbia avuto più voti del centrosinistra. Dunque, appunto, la mossa vincente è stata quella, assai contestata sul territorio, di tornare ad allearsi con Berlusconi. E quel famoso «disgelo» dei voti dell'elettorato pidiellino grazie a Silvio su cui Maroni aveva scommesso tutte le sue carte. Così, quando il leader leghista ha dovuto affrontare in tutte le sue comparsate pubbliche della campagna elettorale, il tema delle reazioni non proprio entusiaste della base leghista riguardo all'alleanza con Berlusconi, non si è mai scomposto.

E ha sempre e sistematicamente difeso la scelta rispondendo che l'accordo con il Pdl era una scelta di pragmatismo: «Serve per vincere in Lombardia e potrà rappresentare un'occasione storica per dare vita alla macroregione del Nord» è andato ripetendo Maroni. Affrettandosi ad aggiungere che «la scelta di correre da soli, al contrario, avrebbe portato alla inevitabile sconfitta».

Ve la ricordate la famosa scopa impugnata da Maroni? Accadeva meno di un anno fa, il 10 aprile, all'indomani dei ben noti scandali interni alla Lega quando Bobo, dai grandi sogni, pubblicamente brandì quella ramazza per chiamare nuovamente alle armi il popolo padano e sottolineare il desiderio di far piazza pulita delle mele marce e ripartire con rinnovato entusiasmo. Ebbene se non altro quella scopa è servita a spazzare la strada da sassi e sassolini e a far ritrovare la direzione giusta.

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