Lavoro, licenziamenti: stop ai reintegri obbligatori

La riforma: riassunti i lavoratori che vengono discriminati. Tutele estese alle imprese sotto i 15 dipendenti. Risarcimenti: indennizzo fino a 27 mensilità

Lavoro, licenziamenti: stop ai reintegri obbligatori

Roma - Due giorni per chiudere i testi, poi la riforma del lavoro approderà in Parlamento. Ed è proprio tra Camera e Senato che si stanno concentrando le speranze di chi, anche nel sindacato, vorrebbe cambiare il corso delle nuove norme su licenziamenti, contratti e ammortizzatori. Aspettative che andranno deluse visto che il pacchetto illustrato ieri a sindacati e associazioni delle imprese dal premier Mario Monti e dal ministro Elsa Fornero non potrà essere stravolto. In particolare sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. «Il capitolo è chiuso», ha spiegato lo stesso presidente del Consiglio quando ha registrato la contrarietà della Cgil.

Una sorpresa di ieri riguarda proprio la norma che regola il reintegro dei lavoratori licenziati senza giusta causa. Oltre alle modifiche note, quelle contenute nelle bozze circolate l’ultima settimana, Fornero ne ha annunciata una inedita, che va nella direzione opposta rispetto al resto del pacchetto.

L’obbligo di reintegro, come previsto, rimarrà solo per i licenziamenti che un giudice ha stabilito essere discriminatori, ma, d’ora in avanti, varrà anche per le piccole aziende, quelle sotto i 15 dipendenti che fino ad oggi sono state escluse dall’articolo 18. La stretta sui licenziamenti discriminatori era attesa, anche se il governo è riuscito a mantenere il segreto fino alla fine su come si sarebbe realizzata. «Il licenziamento illegittimo - ha spiegato il ministro del Lavoro - è punito nel senso che è nullo qualunque sia l’impresa che lo fa, piccola, grande, di qualunque tipo. E questo è un rafforzamento delle tutele del lavoratore». Chiaro lo scopo: una concessione ai sindacati e alla sinistra (l’estensione alle Pmi è stato persino un cavallo di battaglia referendaria dell’ultrasinistra negli anni Ottanta) per fare digerire ai rispettivi elettori e iscritti tutte le altre norme. Che sono radicali e varranno - al contrario di quando aveva annunciato il premier Monti nel suo primo discorso al Senato - sia per i nuovi assunti sia per i vecchi.

Per i licenziamenti disciplinari è previsto un indennizzo o il reintegro, solo nei casi più gravi, a scelta del giudice. Il governo negli incontri di ieri mattina si era mostrato disponibile a specificarli nella legge, come chiedeva la Uil. Ma il ministro non ha confermato. Sarà questo, probabilmente, uno dei temi al centro delle ultimissime modifiche che saranno decise tra oggi e domani. L’indennità potrà essere al massimo di 27 mensilità.

Ampi spazi di manovra per i datori per quanto riguarda i licenziamenti per motivi economici (Fornero ha parlato di «ragioni oggettive») e per giustificato motivo, per i quali è previsto solo il risarcimento massimo di 27 mensilità, minimo 15. C’è una penalizzazione, a carico dell’impresa, per chi non conferma i contratti a termine. Mezza mensilità all’anno per un massimo di tre anni. Quindi uno stipendio e mezzo. Misura che il ministro chiamato «tassa sui licenziamenti», ma che fonti del governo hanno poi precisato essere un vero e proprio indennizzo destinato al lavoratore.

Il resto della riforma c’è tutto. I nuovi ammortizzatori, più estesi, nel senso che copriranno una platea più ampia, ma anche meno generosi rispetto a quelli passati, incentrati completamente sull’industria. «Per estendere gli ammortizzatori, con il passaggio all’assicurazione sociale per l’impiego (Aspi) - ha annunciato il ministro - il governo metterà in campo 1,7-1,8 miliardi di euro di risorse aggiuntive». Un cambiamento di impostazione radicale: «Tuteleremo il lavoratore, non il posto di lavoro», ha sintetizzato Fornero.

Se la flessibilità in uscita oggettivamente cresce, quella in entrata viene limitata. Ad esempio rendendo meno convenienti i contratti a tempo. Confermato l’1,4% di contribuzione sui contratti a termine per finanziare l’Aspi, ma saranno esclusi i contratti stagionali. Novità che ha accontentato Rete Imprese, preoccupata per le ripercussioni per il turismo e il commercio.

Confermata la stretta sull’abuso delle partite Iva per rapporti di lavoro che sono in realtà dipendenti e sui contratti atipici. «Vogliamo che diventi dominante, cioè migliore rispetto ad altri, il contratto subordinato a tempo indeterminato», ha sintetizzato il ministro.

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