Ieri è stato l’ultimo giorno di Nicola Zingaretti alla guida della Regione Lazio. Il presidente uscente si è dimesso dopo aver preso atto del giudizio di parifica della Corte dei Conti sul rendiconto generale del 2021. Un dispositivo in cui sono state avanzate "perplessità" sulla gestione sanitaria, che pesa per il 75 per cento sul bilancio dell’ente. L’organismo di garanzia ha evidenziato un "disequilibrio sottostimato" tra entrate e uscite, che ha portato all’approvazione del rendiconto "con riserve".
Secondo la Corte "il livello di efficienza della macchina amministrativa regionale e delle aziende sanitarie" deve essere "alzato" per "recuperare il gap di diagnosi e cure ritardate a causa della pandemia e per l'ulteriore riduzione dei tempi di attesa per le visite specialistiche rafforzando la rete della sanità di prossimità territoriale". Insomma, nonostante Zingaretti rivendichi di aver lasciato una regione "più solida, credibile e forte", la sua uscita di scena è costellata dalle polemiche. Nel mirino dell’opposizione c’è l’ultimo atto della giunta. Il collegato al bilancio approvato alle 4 del mattino, nella notte tra martedì e mercoledì scorso.
"Ci avevano chiesto di individuare misure contro il caro bollette per sostenere imprese e famiglie e ci siamo ritrovati con un testo della giunta sulle materie più disparate. Abbiamo chiesto di ricondurlo all’obiettivo primario, ci era stato assicurato un taglio di 15 articoli, ma martedì si sono presentati con un maxi sub-emendamento di 177 commi con cui hanno modificato circa cinquanta leggi regionali, con una fortissima caratterizzazione finanziaria", spiega al Giornale.it il consigliere di Fratelli d’Italia, Giancarlo Righini. "In dieci anni di consiglio regionale – aggiunge – non ho mai visto un collegato che fosse a tutti gli effetti una legge finanziaria".
Tra le misure finanziate ci sono il reddito energetico regionale per promuovere l’istallazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nei condomini, la semplificazione dei procedimenti amministrativi per la pianificazione urbanistico-edilizia, un piano per il contrasto all'emergenza climatica e l’istituzione di un fondo per il riscaldamento degli alloggi popolari dell’Ater. Ma tra le centinaia di norme modificate, ce ne sono alcune che fanno discutere.
L’opposizione, in particolare, punta il dito contro lo stanziamento di oltre 8 milioni di euro per la partecipazione della Regione alla Destination Management Organization e alla costituzione di una fondazione per il sostegno del settore termale, la destinazione di quasi 3 milioni di euro solo per alcune federazioni sportive (golf, atletica, tennis e Triathlon) e di 1,2 milioni per il rally di Roma Capitale. "La licenza è in mano ai privati", viene osservato dai critici. Sotto accusa ci sono anche le modifiche alla legge di stabilità del 2019, che concede ad Asl ed enti del servizio sanitario regionale di "cedere immobili storico-culturali di proprietà ad enti pubblici o privati", nonostante, viene fatto notare, "la cronica sofferenza dei conti delle aziende".
"Quella che hanno approvato è una misura che è servita ad accontentare gli appetiti della maggioranza, istituisce una fondazione, un parco archeologico, finanzia la promozione di alcuni sport e non di altri,cose che hanno poco a che vedere con il caro bollette e il disagio sociale che ne è scaturito", denuncia ancora Righini. "È una legge mancia – attacca - che è servita a pagare le varie rappresentanze consiliari con autentiche marchette". D’accordo con lui il collega Giuseppe Simeone, di Forza Italia: "Per fare un po’ di mance e mancette e accontentare qualche amico e le fazioni politiche vicine hanno messo dentro di tutto un po’". Il giudizio sui dieci anni di governo di Zingaretti è impietoso: "Aveva promesso un testo unico dell’urbanistica e un miglioramento della sanità che non sono mai arrivati, basta guardare le liste d’attesa che da lunghe sono diventate lunghissime, i pronto soccorso sempre intasati e i reparti idem".
Il leghista Daniele Giannini accusa la "coalizione demogrillina" di aver "approvato il suo ultimo atto sfiancando il personale dipendente e calpestando gli organi dell`assemblea legislativa, impedendo alla commissione bilancio di esaminare il collegato e soffocando il dibattito su un atto che avrebbe meritato ben altra attenzione". Sabato mattina, intanto, è arrivato il decreto di scioglimento del Consiglio regionale firmato dal presidente Marco Vincenzi, che apre di fatto la corsa alle prossime elezioni. La data più accreditata per il voto è quella del 12 febbraio, ma si valuta anche la possibilità dell’election day con le altre regioni che andranno al voto nel 2023.
"Oggi si chiude una delle pagine più tristi della storia di questa regione", commenta il consigliere di FdI, Laura Corrotti. "I conti – fa notare - sono in miglioramento perché i cittadini laziali pagano le addizionali Irpef e Irap più alte d’Italia, non certo perché la sinistra ha ben governato".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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