L'ennesima giravolta di Fini: così si contraddice su Meloni e fascismo

Quello visto e ascoltato il 30 ottobre scorso in tv dalla Annunziata e quello visto e ascoltato ieri sempre dalla Annunziata sembrano quasi il Doctor Jekyll e Mister Hyde

L'ennesima giravolta di Fini: così si contraddice su Meloni e fascismo

Ma cosa è successo a Gianfranco Fini nel giro di sei mesi? Lo diciamo perché quello visto e ascoltato il 30 ottobre scorso in tv dalla Annunziata e quello visto e ascoltato ieri sempre dalla Annunziata sembrano quasi il Doctor Jekyll e Mister Hyde. Tutto ruota attorno al fascismo, tema assai caro alla conduttrice Rai. Che in entrambe le occasioni ha sciorinato una vera e propria requisitoria nei confronti dell'ex leader di An. Solo che se si confrontano le risposte che Fini ha dato, si noterà che sono molto diverse.

Nel primo incontro, assistiamo a un Fini fermissimo nella sua posizione, pronto a rispedire al mittente ogni accusa di ambiguità del governo, di An e di Fdi nei confronti del fascismo e financo a vestire i panni dello scudiero della stessa Giorgia Meloni.

"Fiuggi e il fascismo non c'entrano, Fiuggi è, per citare l'espressione di Gennaro Malgieri: "Usciamo dalla casa del padre con la certezza di non farvi mai più ritorno". E nel documento di Fiuggi, Meloni non so se era presente o meno perché aveva 18 anni, ma c'era certamente a Fiuggi il segretario della sezione di Giorgia Meloni, la sezione Colle Oppio a Roma, Fabio Rampelli, attuale vice presidente della Camera, che mi ha detto qualche giorno fa che non solo ci riconoscemmo in quella svolta ma ti mandammo anche un documento in cui si approvava. E cosa scrivemmo in quel documento? L'antifascismo è stato il momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato, termine un po' desueto per dire oppresso", scandiva bene alla Annunziata Fini.

Che poi continuava: "Devo dire che onestamente la sinistra prese atto che non si poteva continuare a dire che i fascisti sono arrivati, sono alle porte, capisco anche lo choc del 94' quando due uomini e una donna con in tasca la tessera del Msi divennero ministri (Tatarella, Matteoli e Poli Bortone), altri due erano espressione dei circoli neonati di An coordinati da Adolfo Urso, attuale ministro, Fiori e Fisichella, capisco il trauma, scattò la vigilanza antifascista, poi Fiuggi almeno per coloro che erano intellettualmente onesti pose fine a una stagione".

Entrando nel merito di FdI, Fini poi spiegava: "Non credevo nel progetto di La Russa e Meloni e devo dire che invece avevano ragione loro, ma quando nasce FdI non c'è nessuno che dica: attenzione, stanno tornando i fascisti, attenzione alla deriva antidemocratica. La campagna elettorale che si è chiusa da poco ha visto Letta confrontarsi nel reciproco rispetto ma dando per scontato che chi vinceva governava". Poi la bordata alla sinistra italiana: "Non può accendere l'interruttore dell'antifascismo soltanto quando, in modo palesemente strumentale, ravvisa un pericolo per la democrazia. Il punto è un altro, loro chiedono giustamente da sinistra: "Riconoscete l'antifascismo come un valore". E la risposta non può che essere sì, perché l'abbiamo già detto a Fiuggi, perché la Meloni non si è in alcun modo dissociata. Ma, rivolgendomi rispettosamente a sinistra, dico di fare attenzione perché non è un gioco di parole, una fubrata della destra dire che tutti i democratici sono antifascisti ma non tutti gli antifascisti sono democratici". Fini concludeva poi lanciando una provocazione all'Anpi: "Mi auguro che ogni volta qualcuno nel nome dell'antifascismo cerca di impedire a qualcun altro di parlare, magari se può gli rompe la testa o gli dà una bastonata, impicca a testa in giù il manichino di La Russa o riesuma la stella a 5 punte delle Br, ecco mi auguro che l'Anpi faccia presente quello che secondo me è un dato di verità: non si esalta così l'antifascismo, lo si umilia, lo si stupra, lo si violenta". Insomma, era un Fini combattivo, che difendeva pure la fiamma nel simbolo di Fdi perché "è la fiamma di An e non del Msi" e che spiegava che "patria e nazione non sono parole di estrema destra ma sono parole scritte nella Costituzione".

Ma ieri invece cosa è successo a Fini?

La sicumera è sparita e il dito è puntato contro la destra. Sì, avete capito bene. Quasi volesse pretendere qualcosa: una parola o un gesto. "Ancora una volta un 25 aprile di divisione, all'insegna delle risse, io credo che tutti debbano fare quello che è in loro potere perché ciò non si ripeta negli anni successivi. E penso che se lo debba chiedere soprattutto la destra, perché oggi governa in prima persona, forte di un suffragio elettorale indiscutibile e soprattutto perché secondo molti a sinistra la destra attuale non avrebbe fatto i conti a sufficienza col fascismo e io spero che la Meloni voglia cogliere anche questa occasione per dire senza ambiguità e senza reticenze che la destra italiana i conti col fascismo li ha fatti fino in fondo e senza infingimenti quando è nata An, che condannò il fascismo. Giorgia Meloni dica - perché so che ne è convinta - che libertà, giustizia sociale, uguaglianza sono valori democratici, sono i valori della Costituzione, sono i valori antifascisti. Non capisco la ritrosia nel pronunciare questo aggettivo. Non capisco la ritrosia, o meglio la capisco ma non la giustifico. Meloni non abbia ritrosia nel dire quello che è un dato storico ovvero che l'antifascismo, che non può essere confuso con la parodia e con quello che è stato strumentalmente fatto negli anni di Piombo, è un valore. Meloni abbia la determinazione nel dire chiaramente che libertà, giustizia, solidarietà sono valori antifascisti perché sono nella Costituzione".

Insomma, per Fini, a ottobre, la Meloni non doveva dire nulla perché era

già stato detto. Per Fini, ieri, la Meloni invece ha ancora molte cose da dire per chiarire il non detto. Come mai questa giravolta? Non è dato sapere, al momento. Ma magari il tempo si incaricherà di risolvere il dilemma.

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