L'evasione dell'ergastolano una questione di "famiglia"

Spariti il padre e il terzo figlio. Sotto torchio la madre di Cutrì: "Aiutare Domenico era un'ossessione"

Varese - Posti di blocco, perquisizioni, intercettazioni, informatori: i carabinieri hanno messo in azione tutte le normali procedure per catturare in fretta Domenico Cutrì e i tre complici che l'altro pomeriggio l'hanno fatto scappare. Un'azione di grande audacia, portata a segno durante un trasferimento dell'ergastolano, ma non per questo segno di altrettanto «grande» spessore criminale. Un lavoro in famiglia verrebbe da pensare, perché nella sparatoria che ne è seguita è poi morto un fratello dell'evaso. Mentre, curiosamente, risultano irreperibili sia il fratello Daniele, 24 anni, sia il padre.

Una famiglia di balordi, dal cognome importante, ma nulla a che vedere con quel Domenico Cutrì, ucciso nel 2008, genero del boss Carmine Alvaro, famiglia egemone a Sinopoli e Cosoleto nel reggino. Babbo Cutrì e i suoi ragazzi hanno invece sempre volato basso, commettendo un numero impressionante, per numero e violenza, di reati, senza mai diventare dei boss. Non è certo da capo bastone farsi incastrare per truffa a assegni falsi, come è capitato a Domenico, 32 anni, a giudizio a Gallarate appunto con queste accuse. Un trasferimento di routine, prima da Cuneo, dove sta scontando l'ergastolo per aver fatto ammazzare un giovane polacco che aveva insidiato la sua ragazza, poi Busto Arsizio infine nella cittadina in provincia di Varese. E sui gradini di palazzo di giustizia l'assalto. Almeno quattro uomini armati fino ai denti, riescono a disorientare le guardie e liberare Domenico. Gli agenti si riprendono e parte il conflitto a fuoco. Decine di colpi, auto e vetrate di negozi sforacchiate, passanti pancia a terra per sfuggire alle pallottole. Quindi la fuga.

Ma qualcosa va storto. Qualche ora dopo Maria Antonietta Lantone, 49 anni, madre dei ragazzi, si presenta all'ospedale di Magenta con il figlio agonizzante. «Qualcuno ha suonato al citofono, mi ha detto che Antonino stava male. Sono scesa in ciabatte, l'ho trovato riverso sui sedili di una Citroen C 3 e l'ho portato al pronto soccorso». Le chiedono chi fosse quel «qualcuno». Risposta: «Mai visto prima». Vogliono sapere dove sia marito: «In Calabria, dovrebbe salire proprio oggi» e l'altro figlio: «Daniele è partito domenica sera per una gita a Napoli». Poi aggiunge spontaneamente, come per scaricare tutto su chi ormai non può più parlare ne pagare: «Per Antonino liberare il fratello era una vera ossessione, aveva anche imparato a pilotare un elicottero». Ma quanto alla bontà delle sue dichiarazioni, basti pensare che per difendere Domenico al processo per omicidio, rimediò un rinvio a giudizio per falsa testimonianza.

I carabinieri trovano subito la Citroen C 3 poi una Nissan Qashqai piena di pistole, mitra, fucili a pompa e a canne mozze, entrambe rapinate a Milano in mattinata. Nel frattempo estendono le ricerche tra Lombardia e Piemonte, senza trascurare la Calabria, anche se appare difficile che i fuggiaschi abbiano attraversato l'Italia in auto o preso aereo. Molto più facile la Svizzera, ma i valichi sono stati subito bloccati.

L'impressione però è che Domenico e la sua banda non possano andare lontano. Disperati, pericolosi, armati, sicuramente, ma per una latitanza o un espatrio, ci vogliono soldi e collegamenti, che i Cutrì sembrano proprio non avere.

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