Lezione svizzera sulla difesa

Chi ieri, festa delle Forze Armate, si è dissociato dal rendere omaggio ai nostri soldati di oggi e di ogni epoca non ha fatto un bel servizio innanzitutto alla verità

Lezione svizzera sulla difesa
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La guerra non la decidono i soldati bensì i politici. Accostare gli orrori delle guerre a chi per mestiere, dovere ed onore poi le deve combattere è quanto di più falso possa esistere. Il generale americano MacArthur diceva che «il soldato prega più di tutti gli altri per la pace, perché è lui che deve patire e portare le ferite e le cicatrici più profonde della guerra». Chi quindi ieri, festa delle Forze Armate che non a caso celebra l'Unità nazionale, si è dissociato dal rendere omaggio ai nostri soldati di oggi e di ogni epoca non ha fatto un bel servizio innanzitutto alla verità. Senza scomodare gli antichi latini e il loro «si vis pacem para bellum» («se vuoi la pace prepara la guerra») è dimostrato che ancora oggi l'ordine mondiale è garantito dagli eserciti come elemento deterrente per malintenzionati e che le guerre scoppiano, comprese quelle in atto (nel mondo se ne stanno combattendo ben 52), quando qualcuno dei contendenti pensa di avere più cannoni, oggi diremo missili, dell'altro. Se un problema c'è è che noi di soldati ne abbiamo troppo pochi, con 150 mila effettivi siamo dicono tutte le analisi sotto il livello di guardia necessario per garantire la sicurezza della nazione in caso di pericolo reale, ipotesi oggi tutt'altro che teorica. La Svizzera, per fare un esempio, paese neutrale e pacifista con un territorio e un numero di abitanti nove volte inferiori al nostro, ha un esercito numericamente uguale a quello italiano ed è per di più organizzata per mobilitare trecentomila riservisti. Avere un esercito sottodimensionato è come su una nave avere scialuppe di salvataggio insufficienti per tutti i passeggeri: fino a che la navigazione è sicura nessuno ci fa caso e l'armatore risparmia, all'occorrenza il disastro è assicurato. Ma soprattutto la folle idea di smobilitare le Forze Armate ci metterebbe ai margini del consesso internazionale al quale apparteniamo con danni economici nel civile difficilmente quantificabili.

Sostenere le spese militari non vuole per nulla dire essere guerrafondai, è quanto di più logico si possa fare per garantire crescita e sicurezza. Al netto del rispetto che un paese civile deve a chi per mestiere ha scelto di difenderne le istituzioni e le libertà.

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