Ligabue: "Deluso dal Pd, non voterò alle primarie"

Il cantante: "Il Pd sa quanto ha deluso i suoi elettori". Da De Gregori a Guccini: è l'ultimo di una folta lista di delusi

Ligabue: "Deluso dal Pd, non voterò alle primarie"

Il Pd è rimasto senza voce. La lunga lista dei cantanti che non cantano più per i democratici si allunga. E annovera un altro nome importante della musica italiana: Luciano Ligabue. Il rocker di Correggio, colui che prima di dare alla luce il suo primo album, nel 1990, fu consigliere comunale del Pds proprio nel paese in provincia di Reggio Emilia, adesso mette via il Pd. "Credo di far parte di un club molto nutrito, il Pd sa quanto ha deluso i suoi elettori", tuona Liga durante la presentazione del suo nuovo album "Mondovisione". Poi l'annuncio in salsa prodiana: "Non voterò alle primarie". Il cantante strizza l'occhio al Movimento 5 Stelle al quale attribuisce un ruolo da "memento". Il partito di Beppe Grillo "ha costretto la politica a pensare di dover cambiare, fino al loro arrivo era chiaro agli elettori, ma non alla politica, questo non vuol dire che il M5S abbia le risposte che servono al Paese. Io non so neanche chi le abbia, chi possa essere la persona più indicata. Questo genere di idee me le faccio quando uno opera, quel che è certo è che è sotto gli occhi di tutti la disaffezione per la politica, è facile aver voglia di un cambiamento anche drastico dopo tanti anni". Boom. È l'ennesima icona musicale che si dice deluso dal Pd. Sono finiti i tempi dei palchi, delle colonne sonore e del connubio tra musica e politica. I democratici hanno perso per strada i loro cantori. Ligabue è solo l'ultimo di una lista di insoddisfatti. Basti citare il caso di Francesco De Gregori, deluso perché “la sinistra si è persa tra slow food e No Tav”, o quello di Francesco Guccini che, all'indomani della pugnalata inflitta dai falchi democratici al suo amico Romano Prodi, arrivò a sentenziare affranto: “Non so se il Partito democratico sia ancora il mio partito”. E che dire di Antonello Venditti? Alla vigilia delle amministrative capitoline suonò note caustiche: “Il Pd non sa che cos’è e che cosa vuole essere, è chiuso nell’apparato, non ascolta e non capisce più Roma”. Pd capoccia, appunto. Ci fu poi Samuele Bersani che davanti al pubblico pagante, prima delle ultime elezioni politiche, sentenziò: “Non mi fido più del Pd, voterò Movimento 5 Stelle”. Anche Jovanotti, nostalgico di Veltroni, si scagliò contro i democratici prima del governo delle larghe intese: "Questo governo fa male all'Italia, un accordo Pd-Pdl non mi sembra rispettoso dell'esito delle elezioni, non mi convince molto, nel Pd sono tornati a galla gli anziani D'Alema, Bersani, Bindi. Li rispetto, ma non si va da nessuna parte con loro”.

Adesso non gli resta che puntare su Renzi. Fiorella Mannoia, in tempi non sospetti, ha lasciato il Pd per Antonio Ingroia: "Non ho votato Pd e non sono pentita. Sono di sinistra. È per questo che non li ho votati". Avanti un altro!

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