Lista unica e candidature, oggi a Palazzo Chigi si decide

Secondo le analisi elettorali i centristi porterebbero a casa non più di 70 deputati

Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini
Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini

Roma - Niente Twitter, stavolta. Il Prof cinguetta, il Papa pure è un «abbonato», però vuoi mettere il vecchio telefono. Così a Natale «una conversazione particolarmente cordiale tra il Pontefice e il presidente del Consiglio», come raccontano alla Santa Sede, benedice l'ingresso in politica di Mario Monti. Due giorni dopo, ecco anche l'appoggio ufficiale sulle colonne dell'Osservatore Romano: «È l'uomo adatto all'Italia. Il suo appello vuole recuperare in senso più alto e nobile della politica che, etimologicamente, è cura del bene comune». E con la «salita» di Supermario si può «aprire la seconda fase di un programma riformatore nell'ultimo anno solo abbozzato».
Dunque c'è il sostegno del Vaticano, che arriva dopo quello espresso giorni fa dalla Cei e anticipa forse quello di Cl. Ci sono i soldi, i 15 milioni messi sul piatto da un gruppo di imprenditori per la nascita del movimento montiano. Manca però la struttura. Una girandola di contatti, di telefonate e di vertici non ha ancora chiarito in quale modo il Professore si presenterà agli elettori.
Una lista? Due liste? Varie liste collegate e federate? Una al Senato e quattro alla Camera? Politici da una parte e società civile dall'altra? Lavori in corso, polemiche sottotraccia e una sola certezza: Monti, che vuole facce nuove, «filtrerà» personalmente e senza troppi riguardi i candidati dei raggruppamenti che correranno sotto il suo nome. Spiega Pier Ferdinando Casini, anche lui attraverso Twitter: «Al lavoro per un'area di responsabilità nazionale. Ci sarà spazio per tutti coloro che credono nel valore della buona politica, non ce ne sarà per gli opportunisti dell'ultima ora».
Monti scioglierà gli ultimi dubbi martedì prossimo, dopo il discorso di Capodanno di Giorgio Napolitano. Ufficialmente, lui non è nemmeno in campo, al punto che Renato Schifani sospende il giudizio. «Non posso fare considerazioni, sono il presidente del Senato. Ma come la pensi è chiaro: «Io mi sforzo a muovermi in una logica di terzietà. Lascio ad altri le valutazioni sulla sua opportunità di diventare, da premier tecnico, politico e di candidarsi contro alcuni partiti che lo hanno sostenuto».
La verità con l'anno nuovo. Ma SuperMario deve sbrigarsi, perché entro metà gennaio qualcuno dovrà comunque portare al Viminale le liste dell'«Agenda Monti» corredate dalle firme. Oggi a Palazzo Chigi il Professore vedrà i ministri Passera e Riccardi, poi alle 17 probabilmente incontrerà anche Casini e i responsabili di ItaliaFutura e parlerà con Luca di Montezemolo, in partenza per l'estero. Sarà la giornata decisiva?
Monti, raccontano dal suo cerchio stretto, sceglierà un luogo neutro e non istituzionale per la riunione del nuovo centro. Palazzo Chigi non va bene, Palazzo Giustiniani nemmeno: non si vuole dare sponda alle critiche sulla fine della sua neutralità. Le sue saranno una specie di consultazioni. Il presidente del Consiglio vedrà prima separatamente, poi tutti insieme, i leader dei partiti e delle liste che lo appoggiano e i singoli ministri che saranno della partita. Successivamente toccherà agli sherpa il lavoro grosso sugli elenchi dei candidati, anche se il premier è pronto a depennare e si riserva l'ultima parola.
E il difficile cocktail delle liste si intreccia con la modalità della legge elettorale.

Al Senato conviene andare tutti insieme, alla Camera no, ma il Prof vuole «dare un segnale». I sondaggi sono buoni, però anche un venti per cento con il Porcellum equivale a 65-70 deputati. Meno di quelli che oggi hanno Udc e Fli.

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