L'Italia rischia l'autogol sull'energia

Nel decreto Pichetto l'antidoto per evitare l'assalto estero alle nostre centrali idroelettriche

L'Italia rischia l'autogol sull'energia
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Non ci sono solo le bollette «tutelate» degli italiani in gioco a Bruxelles. C'è anche una questione meno nota ma assai più rilevante per il sistema Paese: il futuro italiano del nostro apparato idroelettrico. Una posta che vale non meno di 20 miliardi di investimenti e che il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto sta provando a ricondurre entro ambiti nazionali, onde evitare che siano alla mercé dei grandi gruppi globali dell'energia. Il decreto legge che il Consiglio dei ministri di lunedì scorso ha visto espungere dall'ordine del giorno all'ultimo momento - quello che contiene anche la proroga per il mercato tutelato - prevede infatti che le Regioni potranno negoziare una proroga ventennale delle concessioni con gli attuali titolari, a fronte della presentazione di un piano di investimenti pluriennali sugli impianti stessi e sul territorio. Chiunque può capire che la misura ha lo scopo di favorire gli investimenti dei concessionari italiani (Enel, A2A, Edison in testa, ma l'elenco è lungo e comprende aziende di tutte le regioni) in difesa di asset nazionali fondamentali per la sicurezza e la tenuta del sistema economico, in un settore dove nessun Paese europeo d'altronde, tranne l'Italia, ha aperto finora alla messa a gara di queste concessioni particolari.

L'iniziativa di Pichetto serve a correggere e integrare una norma introdotta dal governo Draghi nell'ambito della versione del Pnrr firmata dall'ex premier, che nell'intento di riformare il sistema delle concessioni, prevede l'assegnazione alla scadenza attraverso gara pubblica a soggetto privato o a società mista pubblico-privata (in cui il privato viene selezionato con gara) o a società pubblica al 100%.

Un'idea sciagurata che, se applicata, esporrebbe il nostro sistema idroelettrico a qualunque invasione, peraltro creando una grave asimmetria a danno dei nostri operatori che invece non potrebbero partecipare a gare negli altri Stati dell'Unione. Va infatti precisato che in quasi nessun Paese membro esiste un obbligo normativo per l'assegnazione delle concessioni idroelettriche attraverso gare pubbliche. Al contrario, nella maggior parte dei partner i rinnovi avvengono senza procedure competitive, se non addirittura con concessioni illimitate.

La stessa Commissione di Bruxelles, evidentemente riconoscendo che si tratta di materia di pertinenza nazionale, nel 2021 ha archiviato una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia, ma anche di altri Stati membri come Polonia, Germania, Austria, Regno Unito e Svezia, che non hanno mai aperto alla concorrenza. Per paradosso, l'Austria prevede una durata delle concessioni di 90 anni, con riassegnazione alla scadenza al titolare uscente senza alcuna procedura di gara. In Svezia addirittura la durata è illimitata, senza possibilità quindi di assegnazione ad altri operatori. Per concludere il giro d'orizzonte, di recente la Francia ha prorogato le concessioni idroelettriche alla Compagnia nazionale del Rodano fino al 2041 e Bruxelles non ha fatto una piega.

Dunque, se il governo Draghi per eccesso di zelo ha debordato nel suo fervore riformatore, non si vede per quale ragione, di fronte al rischio di perdere il controllo sul nostro apparato idroelettrico (così prezioso da quando abbiamo capito quanto è importante l'autonomia energetica), non si debba correggere una norma masochistica.

Il governo prenda perciò coraggio e il ministro Raffaele Fitto si faccia convinto che non è su questa correzione che perderà la faccia in Europa, visto che si tratta di adeguarsi a quanto già fanno in tutti gli Stati membri.

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