L'odissea di Nick 'o 'mericano da anni sotto processo senza nemmeno una prova

La sua sola colpa? Essere nato a Casal di Principe. E dall'inizio dell'indagine i magistrati non l'hanno mai voluto ascoltare

L'odissea di Nick 'o 'mericano da anni sotto processo senza nemmeno una prova

Ma sì, schiaffatelo in carcere, buttate via la chiave e tanti saluti alla presunzione d'innocenza fino al terzo grado di giudizio. Sono anni che per l'ex sottosegretario Nicola Cosentino la gogna va oltre l'accertamento della verità, come ricorda un incredulo Maurizio Turco, parlamentare radicale, garantista doc: «L'accanimento su Cosentino è una vergogna, tanti politici e giornalisti lo accusano senza aver letto gli atti. Non c'è nulla che giustifichi l'arresto. Per Cosentino votammo due volte no alle manette perché le richieste d'arresto gridavano vendetta, cosa diversa facemmo invece per Milanese e Papa...».

PARENTI SERPENTI E BOSS

Le etichette e i mascariamenti te li trascini a vita. Cosentino è «malamente» a prescindere perché originario di Casal di Principe, il feudo del clan dei casalesi, dove tutti conoscono tutti e tanti finiscono per incrociarsi con matrimoni e parentele scomode, come quelle che addebitano a Nick o' mericano e ai suoi fratelli passati alle vie legali - con annesse scomuniche per il bavaglio alla libertà di stampa - in quanto nel best seller Il casalese fioccavano errori e omonimie: «Hanno scritto che nostro padre ha sposato la zia di Francesco “Sandokan” Schiavone - denuncia Palmiro Cosentino - ma non è vero, perché Olga Schiavone, nostra madre, non era la zia del noto boss com'è facile dimostrare all'anagrafe». Oppure. «È vero che Emilio Diana, genero di mio fratello, è stato arrestato ma si sono dimenticati di dire che poi è stato prosciolto e risarcito per ingiusta detenzione».

IL «REFERENTE» SENZA VOTI

Parentele o frequentazioni scomode, che non dicono assolutamente niente, perché altrimenti uno dovrebbe dire anche del fidanzato della gip che ha firmato l'ordinanza d'arresto per Cosentino intercettato proprio nell'ultima indagine su Nick mentre parla con personaggi - stando all'accusa - vicini al clan. Oppure si dovrebbe sporcare l'immagine santa di don Peppe Diana, ucciso nel marzo '94 nella chiesa di San Nicola a Casal di Principe, imparentato col killer Carmine Schiavone eppoi grande amico, pure parente alla lontana e financo supporter elettorale proprio di Cosentino come si rileva dalla lettura degli atti del processo agli assassini del parroco anticamorra. Ma il marchio «casalese» è un'infamia non da tutti. Si appiccica a piacere. Anche chi non ha sbirciato uno straccio di verbale sa che Cosentino è considerato dai pm il referente politico dei «casalesi», uomo dal gigantesco bacino di voti criminali. Peccato che l'unica volta che s'è presentato alle elezioni (con le preferenze) ha fatto una figura meschina arrivando dietro a un carneade dell'Udeur. È stato eletto altrove, in collegi non mafiosi, il cattivo Nick. Non a Casale dove nel 1996 diventò deputato un certo Italo Bocchino, ironia della sorte anni dopo citato (mai indagato) dal grande accusatore di Cosentino, il pentito Gaetano Vassallo, discusso e discutibile collaborante già smentito sulla discarica di Chiaiano, che a verbale riferì questa confidenza avuta in un summit da un affiliato di peso della famiglia Bidognetti.

ITALO E IL PENTITO VASSALLO

«Ricordo che si fecero i nomi anche di alcuni politici nazionali. In particolare, Bidognetti Raffaele (...) riferì che gli onorevoli Italo Bocchino, Nicola Cosentino, Gennaro Coronella e Landolfi facevano parte del nostro tessuto camorristico». Nel processo-monstre orfano del pm Narducci, passato a fare l'assessore con l'ex collega De Magistris - è emerso ciò che aveva fatto gridare allo scandalo il futuro finiano Lo Presti, presidente della giunta che respinse il primo arresto a novembre 2009: «Vicenda surreale, l'indagine è cominciata nel 2001 ma i fatti risalgono ai primi anni novanta». Allorché il Nostro militava nel centrosinistra e nessun pentito s'era accorto di lui. Niente nei maxi-processi ai casalesi, Spartacus 1 e Spartacus 2. Nemmeno una riga sull'allora consigliere Psdi Cosentino, poi passato con Ayala, quindi divenuto gran sostenitore al Senato dell'ex Ds Lorenzo Diana, considerato giustamente un eroe antimafia da Roberto Saviano nonostante i lontani trascorsi nella giunta di San Cipriano D'Aversa con il fratello del superboss Antonio Bardellino e Franco Diana, arrestato e assassinato in carcere (non osiamo immaginare cosa avrebbe scritto in Gomorra, dove mai il bravo Roberto cita Cosentino, se l'ex sottosegretario fosse stato in una giunta con personaggi del genere).

LA CARICA DEI PENTITI

Fino a quando, col transito di Nick nel 1995 in Forza Italia ed eletto consigliere regionale con gli stessi (pochi, 1.800) voti presi a Casale sin dal 1980, pur non essendoci prova di contatti diretti o indiretti coi boss, improvvisamente ecco comparire pentiti fino a quel momento a corto di memoria, lesti però a dire tutto e il contrario di tutto («Cosentino prese una mazzetta da 50mila euro», peccato ci fosse ancora la lira), a correggersi ogni volta, ad alzare sempre più l'asticella politica con buona pace per i riscontri ancora da trovare. Fregnacce in libertà, indimostrabili, vili, per certi versi simili a quelle che il mafioso pentito di Racalmuto, Ignazio Gagliardo, ha riferito su Angelino Alfano. Ripetutamente, per anni, coi giornali che propalavano verbali secretati a dipingerlo un Padrino, 'o mericano ha supplicato di essere ascoltato a verbale. Niente.

Quand'è stato rinviato a giudizio, per accelerare i tempi e uscire dal tritacarne, ha chiesto il giudizio immediato ma sono due anni che in aula si procede con una lentezza esasperante, l'esatto contrario di quel che accade a Milano col processo Ruby. Perché?

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