La crisi della civiltà europea, dunque, è giunta all'ultimo atto. Non si può non interpretare in questo modo un gesto che non accadeva da secoli: le dimissioni di un Papa. Quali che siano le cause contingenti - stanchezza, vecchiaia, malattia, ostilità interne alla Curia, pressioni politiche, crisi della Chiesa, crisi del cristianesimo - l'unica cosa certa è che l'Italia, l'Europa, l'Occidente, stanno vivendo le ultime fasi del lungo itinerario che ha visto la nascita, lo sviluppo e l'improvviso declino di una straordinaria invenzione culturale, quella che ha caratterizzato, con la fioritura dell'intelligenza, la storia dell'Italia e di tutto l'Occidente.
Era nata, durante questo itinerario e attraverso le più diverse forme politiche, la consapevolezza del diritto e della libertà della persona, già in nuce nel messaggio di Gesù di Nazareth, ma sviluppata sotto ogni aspetto sociale dai tanti scienziati, filosofi, teologi, economisti, politici, letterati, poeti, patrioti, che hanno combattuto con la parola e con le armi per tenere sempre viva questa consapevolezza. La forza della cultura italiana e occidentale è stata quella di abbracciare in un solo «centro» spirituale, sostenendone continuamente la forza vitale, tutti i cittadini, ognuno nel proprio campo: scienziati o musicisti, monaci o artigiani, contadini o mercanti, poveri e ricchi, amici e nemici. L'insieme della struttura culturale ha continuato sempre ad alimentarsi malgrado e attraverso i continui cambiamenti politici, le fratture, gli scismi, le guerre, le rivoluzioni. Una civiltà, infatti, è questo: una lunga durata attraverso il tempo perché gli avvenimenti non ne cambiano la direzione di marcia, il significato, ma la rafforzano.
A partire dalla seconda metà del Novecento, e sempre più rapidamente in questi primi anni del Duemila, la civiltà europea si è andata disgregando, non ha più saputo quale fosse la sua direzione di marcia, quale fosse la sua meta a causa soprattutto del fatto che è stata impedita la riflessione storica sul passato sostituendovi un irrealizzabile progetto del futuro. I politici non se ne sono resi conto subito a causa della loro profonda ottusità culturale ma anche perché accecati, soprattutto in Italia, dall'idea che bisognasse attendere la soluzione della rivoluzione bolscevica per capire in quale modo muoversi. In realtà, invece, si è trattato di anni decisivi verso la catastrofe. Si sono verificati, infatti, due avvenimenti eccezionali per la loro novità significativa. Da una parte il '68 con il quale la società più viva, più sensibile - i giovani - avendo intuito che la vecchia cultura era entrata in agonia, hanno tentato di crearne una nuova, impresa ovviamente impossibile proprio perché la cultura è data da un insieme complesso di comportamenti e di valori che si respirano più a livello inconsapevole che a quello consapevole e non può essere imposta (come del resto è stato dimostrato dal fallimento del comunismo in Russia). Dall'altra parte il tentativo di salvare il cristianesimo e la Chiesa attraverso il Concilio Vaticano II, un Concilio di cui ancora oggi si discute per capirne i significati, e soprattutto per rendersi conto dei motivi del suo fallimento.
Se è possibile fare un'ipotesi sulle cause delle dimissioni di Ratzinger, una forse abbastanza attendibile la si può intravedere nei conflitti insanabili che si sono scatenati intorno all'interpretazione del Concilio e alla impossibilità di metterlo in atto. Ma il Concilio è stato appunto un tentativo di salvare il cristianesimo simile a quello compiuto dai giovani con il '68 e la Chiesa avrebbe dovuto sapere bene che si trattava di un errore visto che è stato Gesù a dire che non si può fare la toppa a un vestito vecchio con la stoffa nuova.
Il cristianesimo è in agonia perché non c'è più la fede.
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