La lunga notte del Pd Renzi spacca il partito: «Non votiamo Franco»

Un centinaio di parlamentari (più tutto il pacchetto di Sel) stanno con lui e ora l'elezione e a rischio. Insulti Vendola-Franceschini

La lunga notte del Pd Renzi spacca il partito: «Non votiamo Franco»

Roma - «Mi pare che la ricerca di una soluzione ampiamente condivisa sia a buon punto». L'annuncio di Pier Luigi Bersani arriva alle sette di sera, al tramonto di una giornata di trattative frenetiche interne al Pd, e con gli interlocutori del Pdl. L'accordo di larghe intese trovato con Berlusconi prevede l'ex presidente del Senato Franco Marini al Quirinale. «È l'unico candidato su cui il Pd può reggere senza terremoti interni», hanno spiegato gli emissari bersaniani al Pdl. Peccato che, cinque minuti dopo l'annuncio ufficiale, sia arrivata la prima granata da Firenze: «I nostri parlamentari non lo voteranno - annuncia Matteo Renzi - lo diranno con chiarezza all'assemblea del gruppo, noi non siamo franchi tiratori ma ci opponiamo a questa scelta alla luce del sole». E in una intervista alla Stampa il sindaco argomenta con vivida chiarezza le ragioni del suo no a quello che i suoi considerano «un atto di guerra contro Matteo»: «Ve lo immaginate al telefono con Obama? A me sembra il meno adatto e lo voglio dire con chiarezza stasera. Ma se lo eleggeranno, visto che come prevedevo l'accordo con Berlusconi alla fine c'è stato, metterò subito la foto nella mia stanza».
Se il malessere interno si fermasse ai renziani, Bersani potrebbe agevolmente incassarlo, l'aveva ampiamente messo in conto. Ma è solo l'inizio di una slavina. «Non saranno solo i renziani a non votarlo», annuncia via Twitter Marianna Madia. «L'accordo che sembra chiuso su Marini al Quirinale è una scelta gravissima», tuona Debora Serracchiani. «Alcuni dirigenti non resistono alla tentazione di consegnare il paese a Berlusconi». I Giovani turchi sono sul piede di guerra: «Chiederò a Bersani di rimandare l'assemblea dei gruppi, perché sul nome di Marini il partito implode», annuncia battagliero Matteo Orfini entrando al teatro Capranica, dove il segretario ha convocato i suoi. I prodiani, vedendo sfumare il proprio sogno sull'altare delle larghe intese, incalzano: «Non lo voteremo mai».
Pippo Civati guida il pacchetto di mischia dei molti parlamentari della sinistra che vorrebbero una convergenza immediata sul candidato di M5S, Stefano Rodotà. Su cui sono assestati anche gli uomini di Sel, nonostante Bersani abbia cercato fino all'ultimo di convincere Nichi Vendola, protagonista di uno scambio di insulti con Dario Franceschini e che poi non lascerà spazio a mediazioni: «Marini presidente sarà la fine del centrosinistra». Mentre fuori si svolge una manifestazione pro-Rodotà convocata via social network, la riunione serale dei grandi elettori Pd, alla quale Bersani va a proporre il nome concordato con Berlusconi, si trasforma in una via crucis con litigi, urla e spintoni. «Non mi avete convinto», gli dice il veltroniano Walter Tocci. «Se è il candidato delle larghe intese non lo voto», dice Rosy Bindi. Un delegato regionale Pd del Friuli esplode: «Marini? Io non lo voterò, mai! Abbiamo fatto le primarie, abbiamo resuscitato Berlusconi alle elezioni, ora gli facciamo anche scegliere il presidente? Questa sinistra non è capace né di vincere né di governare». Sel lascia la sala e al voto finale la candidatura Marini passerà con molti no (90 contro 222 sì) che mettono a rischio l'elezione dell'ex Cisl. I dalemiani accusano il segretario di aver avuto una sola bussola a guidare le sue mosse: «Andare a Palazzo Chigi, anche sul cadavere di D'Alema, perché con lui l'incarico non lo avrebbe avuto», sintetizza uno di loro. Già, perché come ammette Guglielmo Epifani, dietro l'intesa per Marini al Quirinale «c'è anche l'ipotesi di un governo».

Con Berlusconi? «Ma no, al massimo con ministri di area Pdl». «E speriamo che non ci propongano Brunetta come ministro, se no temo che ci ingoiamo anche quello», chiosa un collega di partito. E il voto di stamattina rischia di sancire l'esplosione nucleare del Pd.

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