
Standard & Poor's ha alzato il rating dell'Italia di uno scalino da «BBB» a «BBB+». «Le nostre previsioni economiche, che si allineano a quelle del Dfp (+0,6% nel 2025) - spiega S&P - si basano sull'ipotesi che i dazi di base degli USA sui beni dell'UE (inclusi quelli italiani) restino al 10%», anziché al 20% come programmato. Questo implica che «significa che «l'impatto sull'economia dell'Italia sarà gestibile, parzialmente attenuato dall'accelerazione degli investimenti pubblici e dagli stimoli di bilancio tedeschi».
Soddisfatto il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti (in foto). «Il giudizio di S&P premia la serietà dell'approccio del governo italiano alla politica di bilancio», ha commentato aggiungendo che «nel clima generale di incertezza, prudenza e responsabilità continueranno a essere la nostra linea di azione». In particolare l'agenzia di rating ha premiato «le esportazioni resilienti e l'alto tasso di risparmio interno» che hanno permesso all'Italia di «rafforzare la propria posizione di creditore netto estero negli ultimi cinque anni, raggiungendo una stima pari al 15% del Pil, rispetto al quasi pareggio nel periodo pre-pandemia».
Il debito pubblico netto, prosegue l'agenzia, «rimane elevato, attorno al 129% del Pil alla fine del 2024, ma «con la progressiva riduzione dei disavanzi
di cassa ci aspettiamo una stabilizzazione del rapporto debito/Pil a partire dal 2028». A tutto questo si aggiunge il fatto che «la Bce dispone della capacità per contrastare eventuali pressioni disinflazionistiche in caso di shock esterni per l'economia europea».
L'outlook stabile, proseguono gli analisti newyorkesi, «riflette l'equilibrio tra i punti di forza fondamentali dell'Italia economia diversificata, risparmi privati, appartenenza all'area euro e le sue debolezze creditizie, come l'alto debito pubblico e le sfide demografiche». Il rating potrebbe essere abbassato «se lo shock commerciale derivante dai dazi statunitensi compromettesse significativamente la fiducia di consumatori e imprese, nonché la posizione di bilancio e della bilancia dei pagamenti dell'Italia». Al contrario, potrebbe essere ulteriormente migliorato «se l'Italia riuscisse a ridurre ulteriormente il proprio deficit di bilancio, ponendo il rapporto debito/Pil su un solido percorso discendente, o se la crescita potenziale dell'economia superasse stabilmente l'1% grazie a riforme strutturali».
E, come ha detto il ministro Giorgetti, la prudenza è stata il principio guida dell'intero Dfp, il nuovo Def. A partire dal fatto che le simulazioni comprendono la possibilità che l'effetto dei dazi potrebbe ridurre il Pil 2025 al +0,3%, in pratica dimezzandolo rispetto alla stima attuale del +0,6%. Secondo il Bollettino economico di Bankitalia, tuttavia, non è il caso di fasciarsi la testa in anticipo. «Nonostante la significativa esposizione del nostro
sistema produttivo al mercato statunitense», afferma Via Nazionale, le imprese riusciranno a mitigare i danni proprio grazie ad alcune loro caratteristiche, come il fatto che esportano prodotti di fascia alta i cui acquirenti non si lasciano scoraggiare dai rincari ed hanno buoni profitti che riescono ad assorbire meglio il colpo. Il fatturato calerebbe di circa un punto percentuale ma per tre quarti delle aziende «il margine operativo lordo, valutato in rapporto ai ricavi, si ridurrebbe al massimo di mezzo punto percentuale». Il problema è che l'Europa, per ora, non intende attivare la clausola di salvaguardia del Patto di Stabilità in quanto non è ancora possibile misurare la recessione indotta dalle tariffe. In questo scenario che offre pochi margini d'azione, il governo è intenzionato a sostenere la natalità e la famiglia: l'esecutivo «confermerà e amplierà una pluralità di strumenti di policy che intervengano sui fattori che incidono sulla scelta della genitorialità e sulla domanda di servizi per la prima infanzia», si legge nel Dfp.
Nel documento emergono anche altri dati su cui interrogarsi come il fatto che Transizione 5.0, dedicato alle imprese, abbia erogato appena 500 milioni lasciando intatti altri 5,7 miliardi da concedere entro il secondo trimestre 2026.
Ma quelli di destra sono tutti ignoranti, infatti si vede. Il miglior politico è quello che si fa da parte quando sa di no essere capace. Sinistra incapace, guarda e impara.