L'Ue dorme: "Il patto di stabilità resta"

I paletti del Commissario all'Economia Dombrovskis. Sefcovic lunedì va negli Usa

L'Ue dorme: "Il patto di stabilità resta"
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I 90 giorni di sospensione dei dazi come un periodo-cuscinetto, per dare a tutti (mercati compresi) il tempo necessario di riflettere e rimettere a posto i pezzi del puzzle. Il pensiero dell'Ue è in questo perimetro e sarà esposto dal commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic lunedì a Washington, con l'auspicio di «un nuovo spazio in cui poter vedere qualche progresso reale nei nostri colloqui con gli Stati Uniti». Ieri invece il premier spagnolo Pedro Sánchez ha incontrato Xi Jinping a Pechino, aprendo le danze sul risiko che porterà alla visita di Giorgia Meloni alla Casa Bianca giovedì prossimo.

A spargere ramoscelli di ulivo sull'asse Usa-Ue ci pensano sia l'Ecofin, pronto a riaffermare il «pieno sostegno a un approccio deciso, ma calmo e calcolato della Commissione Ue», come osservato dai ministri europei attovagliati nel vertice informale di Varsavia, sia il commissario all'Economia Valdis Dombrovskis, che stima «ancora una crescita economica nell'Ue, anche tenendo conto dell'effetto dei dazi di Trump» e al contempo richiama sul fatto che i dazi avrebbero un impatto sull'economia americana da quattro a sette volte superiore rispetto a quella europea. Dombrovskis sottolinea anche che «oggi non ci sono le condizioni per attivare la clausola generale di salvaguardia del patto di stabilità, come ha chiesto il governo italiano».

Scettico solo il presidente francese Emmanuel Macron che parla di «fragile pausa», mentre il capo della Bce Christine Lagarde si dice pronta a intervenire in caso di rischi per la stabilità finanziaria.

Dunque tra Ue e Usa le tensioni scendono, mentre si riflette a voce alta sul comportamento dei mercati e sull'andamento delle valute. È vero che Bruxelles di fatto rilancia i negoziati con Trump, ma al contempo non spegne la minaccia alle big tech Meta, Google e Facebook, destinatarie di una tassazione sui ricavi. «Valutare come allineare le nostre norme e i nostri standard per semplificare il business», è la traccia lanciata dal presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che al Financial Times si dice pronta a questa possibilità, ma senza alzare troppo le aspettative «perché spesso ci sono standard diversi e differenze nello stile di vita e nella cultura».

La missione di Sefcovic è di elevare la densità delle relazioni sul tema dazi, ovvero passare a una fase concreta e meno emotiva: da un lato l'amministrazione Trump punta a cassare le barriere commerciali non tariffarie e la regolamentazione dei servizi digitali che impatta sulle big tech; dall'altro l'Ue apre, ma con dei paletti ben piantati: von der Leyen li ribadisce precisando che l'Ue non negozierà sull'Iva, perché «sono decisioni sovrane».

I giganti americani del web sono avvisati, ma anche loro sono consapevoli che il «campo centrale» in questa partita non si trova nel vecchio continente bensì in Cina, anche se poi nel grande dibattito sui dazi nessuno cita più il macrotema della concorrenza sleale cinese e dei prodotti a basso costo, passaggio che anche alcuni leader europei hanno riposto nel cassetto.

Ne fa menzione su X solo l'europarlamentare di Fratelli d'Italia Nicola Procaccini, co-presidente dei conservatori di Ecr, secondo cui «c'è una guerra dei dazi doganali tra Stati Uniti e Cina, la premier italiana Giorgia Meloni vola a Washington per rinforzare l'alleanza occidentale, il premier spagnolo Sánchez vola a Pechino per rinforzare i legami con il Partito Comunista».

Trattative lunghe, quindi, ma improntate all'ottimismo. Secondo il Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent il pellegrinaggio del primo ministro spagnolo a Pechino per rafforzare i legami commerciali è un voler «tagliarsi la gola».

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