Magliette griffate e vini doc: il brand più costoso d'Italia

Non solo i soldi alle squadre di calcio e basket di Siena, ma anche abbigliamento fashion e cibi con il marchio "1472". Così nell'era Mussari la banca ha bruciato milioni di euro

Magliette griffate e vini doc: il brand più costoso d'Italia

Li ha vestiti, per poi lasciarli in mutande (i clienti). Se c'è una dote che non fa difetto a quel diavolo d'un Mussari è la creatività. E non solo in termini di derivati e alchimie finanziarie. Sotto la sua gestione, il Monte dei Paschi di Siena ha battuto ogni record in fatto di marketing e merchandising, arrivando a investire cifre folli che hanno contribuito, e non poco, a svuotare i forzieri. Non si badava a spese per lucidare la reputazione e irrobustire il prestigio dell'istituto, come dimostrano i milioni di euro sborsati senza batter ciglio per la campagna pubblicitaria firmata da Marco Bellocchio nel 2009 o per il reclutamento incessante di vip da utilizzare come testimonial (la campionessa Tania Cagnotto e lo chef Simone Rugiati).

L'ultima trovata in casa Mps – come prima banca al mondo a dedicarsi in prima persona a una griffe - è stata la linea di abbigliamento «1472», il brand fashion del Monte dei Paschi (la data è quella della fondazione) che campeggia su giubbotti, felpe, polo, t-shirt, cappelli, sciarpe e giacche. Tutto made in Siena, come l'imperdibile «borsa da viaggio verde militare, impreziosita con dettagli in pelle, per portare sempre con sé la classe e il tocco vintage di 1472». La griffe venne presentata alle giornate milanesi della moda per ridare vitalità all'immagine appannata di una banca in crisi e impantanata nella palude debitoria di Antonveneta. Sul sito campeggiava un negozio on line, altro che prodotti finanziari di ultima generazione. Così Mps spacciava il suo credo fashion. «La linea di abbigliamento è appena nata ma vanta già un record: è la prima collezione di moda ad essere prodotta da una banca. Disegnata da (...) nota azienda dello sportswear italiano, la serie è composta da capi di moda casual sportivi, d'ispirazione vintage: felpa, t-shirt e polo per lui e per lei».

Ancor prima, l'istituto li aveva presi per la gola, i correntisti. Nel senso buono, s'intende. Aveva inaugurato una raffinata linea gourmet di bottiglie d'olio extravergine, vini bianchi (Collio friulano) e rossi (il più classico Chianti), burro, parmigiano, aceto balsamico, Vin Santo, acquavite e perfino tartufo. Un menù tutto, rigorosamente, marchiato «1472». «Non vogliamo fare business, ma trasmettere una certa idea della banca», spiegava a quel tempo Mussari specificando che il 10 per cento della vendita on line dei prodotti sarebbe andato a finanziare progetti umanitari per la costruzione di villaggi in Senegal. Mps era ormai, a tutti gli effetti, una banca etica. Attento all'immagine di manager vincente, l'ex presidente dell'Abi ha legato il suo nome alla stagione d'oro della Mens Sana, la corazzata del basket italiano che ha cannibalizzato gli ultimi campionati inanellando in otto anni sette scudetti (di cui sei consecutivi), Coppa Italia e Supercoppa. È da un lustro che la banca di Rocca Salimbeni foraggia con decine di milioni la squadra di pallacanestro cittadina (su cui pende un'inchiesta per frode fiscale, recentemente oggetto di perquisizioni a seguito delle quali il presidente si è dimesso) e, causa un contratto di sponsorizzazione a nodo scorsoio, sarà obbligata a farlo anche per i prossimi due anni, nonostante l'istituto navighi in pessime acque. La chiusura dell'ultimo bilancio ha registrato un saldo negativo di trecento milioni di euro, e il piano industriale triennale (2012-2015) prevede la chiusura di ben quattrocento filiali. Roba da time-out. Eppure, lo sport è stato una leva fondamentale nella gestione del potere bancario a Siena. Ancora nel 2011, quando la situazione era ormai diventata da codice rosso, la banca aveva garantito alla squadra di calcio della città una sponsorizzazione da 7 milioni di euro, la quinta tra quelle più alte di tutta la serie A.

A leggere i bilanci, alle voci pubblicità e marketing, c'è da perderci la testa (66 milioni di euro nel 2010, quando nel 2008 erano 49). Per non dire della pubblicità su tutti i media nazionali e locali, eccezion fatta per quei pochi blog (l'Eretico e il Cittadino on line) che in straordinaria solitudine hanno fatto la guerra al sistema-Siena. Certo, col senno di poi, la smania da marketing spinto qualche risvolto comico l'ha provocato, come nel caso della sponsorizzazione di un'équipe di chirurghi plastici che invitavano le signore a non scherzare col silicone. «La chirurgia plastica non è un gioco, non giocare con la tua pelle. Da oggi, la bellezza ha un prezzo più accessibile», recitava lo slogan del manifesto del 2001, un paradosso per una banca accusata di aver «truccato» i conti. Insomma ogni occasione è stata buona – come ci ricorda Raffaele Ascheri nella sua biografia non autorizzata su Mussari - per farsi un po' di pubblicità dalle parti di Rocca Salimbeni. E non solo a tavola o sulle passerelle. Ma anche al bar. Per testimoniare l'accordo con la compagnia francese di assicurazioni Axa, Mps sfornò le caramelline «tutti frutti» con il marchio di casa.

L'unica cosa a cui le teste d'uovo senesi non hanno pensato è stata arricchire l'offerta di vini e liquori con un «amaro» della casa. Ma a quello c'hanno pensato la magistratura prima, e la Borsa poi.
(ha collaborato Simone Di Meo)

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