Mai usciti da una situazione di rischio Mente chi dice che la tempesta è finita

Mai usciti da una situazione di rischio Mente chi dice che la tempesta è finita

RomaNon era forse consigliabile guardarlo nel post prandium domenicale di Lucia Annunziata, la mezz'ora televisiva a più alto rischio digestivo per le frequenti molestie inflitte alla lingua italiana. Comunque, proponendosi di restare impressionati, effettivamente faceva una certa impressione lo Young-Letta-style. Secondo Vendola, «una specie di Forlani 2.0». Secondo chi scrive ancora nel tunnel della suggestione, una versione fusion della democristianità. Pregi e difetti: un bel vuoto forlaniano, qualche pezzetto di donat-cattin in generose manciate d'andreatta, d'andreotti appena un'idea. Piccoli, storti e malfatti, come ai tempi d'oro, ma anche un po' zac. Malizia diffusa, smemoratezze provvidenziali, prudenza santa.
E cura maniacale dei particolari, quando Enrico vuole. Così, riportano le cronache, quando sabato il pronubo premier legge sull'altare della sua fedele deputata De Micheli un passo di una delle numerosissime lettere di San Paolo ai Corinzi, ecco che la citazione sembra caduta dal cielo: «Quando sono debole, è allora che sono più forte».
Si sarebbe perciò autorizzati a dedurre che il governo è fortissimo. Se non fosse, però, che nella marea di ovvietà regalate all'Annunziata come collane di vetro all'indigeno - «di fibrillazioni ce ne saranno tante, è una maggioranza originale, bisogna farci l'abitudine»; oppure: «non c'è rischio default per l'Italia se facciamo le cose giuste» -, Letta junior non infilasse una giustificazione all'aumento dell'Iva che ha fatto di nuovo sobbalzare il Pdl. «Non è che io voglia aumentarla... La decisione venne presa nel 2011 dal governo Berlusconi per salvare una situazione. Ora dobbiamo trovare le risorse per evitarlo o per spostarlo, sono fiducioso che troveremo una soluzione».
Frase al cui interno, soave nonchalance compresa, c'è buona parte del mondo lettiano. Maldicenza su Berlusconi che punta i piedi su un provvedimento da lui varato (fioccheranno smentite per tutto il pomeriggio); fiducia in una soluzione piuttosto che impegno a trovarla (ancora latitante, sul punto, il ministro Saccomanni); idea di un serafico procedere che rimuove i problemi, piuttosto che prenderli di petto. Sullo stesso spartito, il premier nega che si tratti di una settimana decisiva per la tenuta del governo («Non credo lo sia più delle altre, non vedo perché non debba proseguire»); respinge l'ultimatum di Alfano ribaltando la minaccia («Attenzione, perché andare avanti a diktat non conviene a nessuno»); si appella a una situazione economica disastrosa (crescono le voci di una manovra d'autunno di 20-30 miliardi) per rispondere alle accuse di immobilismo: «Non siamo mai usciti da una situazione di rischio, chi dice che la tempesta è finita sbaglia. Il coraggio alle volte è avere la prudenza necessaria, io sono il timoniere e ho la responsabilità di fare le cose nel tempo giusto e con prudenza perché la situazione rimane complicata».
Come dargli torto? Come però assecondare la capziosità di alcune delle sue ragioni? Il premier conferma che mercoledì al Consiglio dei ministri varerà un piano nazionale per l'occupazione giovanile («riutilizzeremo fondi Ue e altri che stiamo cercando») e giovedì, al Consiglio dei 27, si batterà per un dare anche una cornice europea all'impegno per il lavoro. L'ex premier Mario Monti lo avverte: il governo non si senta obbligato a mantenere promesse fatte da Pd e Pdl su lavoro e Imu. Nel frattempo, con pacatezza, vanta qualche risultato dell'esecutivo e senza drammi scarica la ministra Idem: «Nessuno doppio standard». Usa molta vasellina nei confronti di Matteo Renzi, «da lui sempre un atteggiamento positivo e collaborativo», ma ricorda con orgoglio di «essere uomo del Pd che vuole proteggere e far crescere il partito».

Neppure le imminenti sentenze di Berlusconi sembrano sgualcirne il profilo edulcorato e senza rughe: «Ho sempre pensato che devo lavorare come se questo tema non ci fosse, il mio governo rispetta l'autonomia della magistratura e dev'essere chiaro che cerchiamo di lavorare per il Paese». L'unica cosa «che mi interessa - dice - è questa responsabilità affidatami da Napolitano e dal Parlamento». Essere premier, molto meglio che finire in pellicceria.

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