Marco Doria, il marchese che ama l’Imu e per sé ottiene un maxisconto

Il candidato sindaco della sinistra a Genova dice che pagare la nuova Ici è bello. Ma per il suo palazzo verserà 11mila euro anziché 39mila. SPECIALE ELEZIONI

Marco Doria, il marchese  che ama l’Imu e per sé ottiene un maxisconto

Genova - «Pagare l’Imu è bello». Marco Doria, candidato sindaco vendoliano, imita maldestramente l’ex ministro Tommaso Padoa-Schioppa, scarica persino il compagno Giuliano Pisapia, ma soprattutto prende in giro i genovesi che vorrebbe amministrare. Sì, perché pagare l’Imu, per Doria che si vede già sindaco, è ancor più bello se lo fanno solo gli altri. Lui, il marchese rosso dalle 21 case, prova anche a dire che non se sa nulla, che i conti glieli tiene qualcun altro. Ma non può certo negare che la stangata sulla casa intanto non la pagherà cara, non la pagherà tutta.

Ora deve arrendersi anche di fronte all’insistenza di quotidiani non certo «nemici», come il Secolo XIX di Genova, che ieri gli ha chiesto conto degli esiti di un’inchiesta condotta nelle scorse settimane proprio dal Giornale. Prima l’elenco delle case possedute alla faccia dei diseredati che dice di voler difendere, poi la scoperta più imbarazzante riportata dall’edizione ligure dello stesso Giornale: Marco Doria è proprietario con i suoi familiari di palazzi storici vincolati dalla Sovrintendenza. Autentici gioielli dell’architettura che godono per legge di un abbattimento dell’Imu pari al 50 per cento. Insomma, l’aspirante sindaco pagherebbe la metà rispetto ai suoi concittadini.

Non solo. Il professore di Storia che nelle primarie del centrosinistra ha spinto verso l’estinzione i dinosauri del Pd, si è fatto pure un ulteriore sconto. E ora sullo stesso Secolo XIX ci sono nuove prove, sottoforma di visure catastali che dimostrano come appena un mese fa, il 30 marzo scorso per essere precisi, l’agenzia del territorio abbia accolto modifiche dei dati catastali che consentiranno ai proprietari di Palazzo Doria di sborsare ancora meno del poco già previsto.

La pratica era iniziata l’estate scorsa, quando già Doria probabilmente scaldava i motori per lo sprint vincente in politica. Cinque modifiche fondamentali hanno permesso di cambiare le destinazioni dei locali del bellissimo palazzo nobiliare che sorge esattamente di fronte alla sede del Comune di Genova. In buona sostanza, se prima gran parte dell’immobile che ospita anche sedi di banche era segnalata come «commerciale» (categoria D8) oggi è indicata come C4, sigla riservata agli spazi che ospitano circoli sportivi e ricreativi. Una caratteristica che consente un abbattimento della rendita catastale, non certo della rendita economica. Perché è vero che il palazzo ospita un circolo, ma in questo caso si tratta dell’esclusivissimo circolo «Tunnel», riservato ai soci più facoltosi della città. E i Vip, per entrare nella dimora del candidato degli «ultimi», oltre ad indossare rigorosamente la cravatta, devono scucire quote salatissime. Che servono a pagare l’affitto annuale di 120mila euro.

Quel che più conta però è che i Doria (adesso continueranno a incassare tutti gli affitti (e quello del «Tunnel» non è appunto l’unico) ma pagheranno un’inezia di Imu. Alla faccia della torchiatura del governo Monti, ma soprattutto alla faccia di chi per versare la supertassa sulla prima e unica casa si giocherà mezzo stipendio. I conti sono presto fatti. Sulla base dei precedenti accatastamenti, Palazzo Doria avrebbe pagato circa 39mila euro di Imu, valore però dimezzato perché dimora storica tutelata. Con il cambio di destinazione invece, anziché subire la bastonata governativa, pagherà addirittura meno di prima: 22mila euro da scontare a 11mila.

Il marchese rosso non si scompone. Generalmente non risponde alle domande che gli vengono poste in campagna elettorale. Questa volta con il Secolo XIX fa un’eccezione e presenta la giustificazione: «Com’è noto sono proprietario del palazzo solo per un sesto e non mi occupo in alcun modo della gestione che è affidata ad un amministratore». La questione resta la stessa: facile annunciare l’Imu ai livelli più alti per far cassa sulla pelle dei genovesi, quando per sé si è già ottenuto lo sconto.

«La revisione catastale non è stata fatta per risparmiare sulle tasse, ma per adeguare le destinazioni catastali agli usi reali del palazzo», assicura Maurizio Contini, responsabile tecnico del gruppo che amministra. Lo sconto sull’Imu è un effetto collaterale. Magari sgradito.

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