Roma - Le previsioni della vigilia sono state in parte rispettate. Gli addetti ai lavori si sono trovati concordi nel vaticinare un ballottaggio per la scelta del sindaco di Roma. E così è stato. Nessuno, però, poteva immaginare un simile calo di affluenza alle urne: un romano su due ha disertato i seggi. Ed è a loro che già da ieri si indirizzavano Ignazio Marino e Gianni Alemanno, i due «vincitori» di questo primo turno elettorale. Il chirurgo genovese, almeno secondo le prime proiezioni visto che lo scrutinio nella Capitale è andato a rilento per tutta la giornata, ha ottenuto il 43% dei voti. Il sindaco uscente ha superato il 30. Il primo si esprime già nei termini del vincitore politico, mentre il secondo si consola pensando a quanto accaduto cinque anni fa, quando ha ribaltato clamorosamente il risultato del primo turno soffiando la poltrona di primo cittadino al ricandidato Francesco Rutelli, che al primo turno allora aveva preso oltre il 44% dei voti.
«Il ballottaggio - commenta Alemanno - non è il secondo tempo di una partita ma una partita totalmente diversa e aperta. Combatterò fino alla fine». «Credo che il dato più evidente e importante di questo primo turno - aggiunge il sindaco - sia il fortissimo astensionismo: bisogna capirne il perché e fare in modo che ci sia una grande mobilitazione» per il ballottaggio».
Marino ha aspettato a lungo prima di arrivare nella sede del suo comitato elettorale e affrontare i giornalisti. La sua è stata un'entrata trionfale. «Voglio ascoltare tutti - ha detto il chirurgo genovese - voglio che questa città rinasca. Roma ha le risorse, l'intelligenza e la capacità di farlo». Marino ha quindi ringraziato tutti quelli che lo hanno votato esortando tutti a non mollare: «Ce la possiamo fare». Un ottimismo condiviso dai dirigenti del Pd che fin dalle prime ore del pomeriggio sono accorse a via Ostiense. Enrico Gasbarra (Pd), ad esempio, ha parlato di Marino come di un «candidato straordinario perché è riuscito ad andare oltre l'affermazione della coalizione che lo sosteneva». In verità il primato va ad Alfio Marchini, vero outsider di questa competizione elettorale che ha portato a casa un'affermazione personale ben più ampia (9%) del risultato delle liste collegate (poco più del 7%). Tutti gli altri candidati hanno raccolto quanto le liste collegate, se non meno. E a proposito di liste, sorride Fratelli d'Italia, cresciuto dal 2% alle politiche (3,3 a Roma per le regionali) a quasi il 6%.
Ora tutti gli occhi sono puntati proprio sugli sconfitti del primo turno, a iniziare dallo stesso Marchini che una settimana fa vaticinava: «Se al primo turno vince Marino e va al ballottaggio con Alemanno, rischia di far vincere il sindaco uscente. Gli elettori moderati, infatti, sono spaventati da Marino». Un pronostico che, legato a quanto affermato proprio ieri a urne chiuse dal candidato del Movimento 5 Stelle, fa ipotizzare uno scontro senza favoriti per il voto di domenica 9 e lunedì 10 giugno. «Personalmente - ha spiegato Marcello De Vito - non potrei mai votare per un sindaco collegato a una coalizione che nel 2008 lasciò la città sull'orlo della bancarotta».
Le manifestazioni di ottimismo mostrate da Marino e dai dirigenti del Pd (da Gasbarra a Zingaretti, da Vincenzo Vita a alla Serracchiani) cozzano, quindi, con un dato fortemente criptico come l'astensionismo. Metà degli elettori ha rinunciato a esprimere una preferenza e quindi i voti ottenuti da Marino rappresentano una minoranza in termini numerici. Questa almeno l'opinione di Alemanno che ricorda quanto accaduto nel 2008. «Il 10% di voti che mi separa da Marino - spiega il sindaco - rappresenta più o meno 120mila preferenze. Cinque anni fa ero sotto di 90mila voti al primo turno. E al ballottaggio superai Rutelli con oltre 80mila preferenze». Il problema, semmai, è come rivolgersi all'elettorato che ha scelto altri candidati. È sempre Alemanno a spiegare la situazione.
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