Maroni ci ha ripensato: con Formigoni è finita "Alle urne nel 2013"

Il consiglio della Lega toglie l'appoggio alla giunta lombarda Tutti i consiglieri rinviati a giudizio si dovranno dimettere subito

Il leader della Lega Nord, Roberto Maroni
Il leader della Lega Nord, Roberto Maroni

MilanoMa chi comanda nella Lega? La domanda se la fanno in molti, dopo il consiglio federale che ha dato (almeno a parole) i novanta giorni alla giunta lombarda di Roberto Formigoni. Le conclusioni uscite da via Bellerio sono un tentativo di commissariamento della Regione da parte della Lega, con la richiesta di voto ad aprile ed election day, un unico giorno in cui votare per le Politiche e le Regionali.

La Lega chiede anche che i consiglieri regionali rinviati a giudizio si dimettano dal mandato immediatamente, ma questa è più una dichiarazione d'intenti, perché la scelta non può essere imposta ai consiglieri regionali, e va letta soprattutto in termini interni al partito, in Lombardia provato dagli scandali.
L'accordo siglato a Roma giovedì scorso tra Roberto Maroni, il segretario del Pdl, Angelino Alfano, e il presidente della Regione, Roberto Formigoni, era totalmente diverso. Prevedeva un azzeramento della giunta per far ripartire la Lombardia dopo gli scandali, senza accorciare il mandato del consiglio regionale, che scade nel 2015. E lo stesso Maroni, poche ore dopo, spiegava che si era parlato di voto ad aprile solo come alternativa a un azzeramento della giunta e che, una volta concordate le dimissioni degli assessori in carica, non c'era più ragione di discutere i tempi di scadenza.

Tutt'altra la posizione di oggi del segretario della Lega. Un modo di alzare il prezzo sulla composizione della giunta? Maroni preferisce non rispondere sulle contraddizioni: «C'è un comunicato che spiega la posizione della Lega ed è una posizione chiara». Più tardi aggiunge: «L'intesa non conteneva alcun riferimento alla durata della legislatura». Il segretario ha anche spiegato che a gestire la vicenda sarà il segretario lombardo della Lega: «Adesso Matteo Salvini darà esecuzione al deliberato del consiglio federale». Un incarico ufficializzato anche nel documento del consiglio federale, che dà mandato a Maroni e Salvini «di gestire la questione sia per quanto riguarda il nuovo assetto regionale che per la durata della legislatura nazionale». Nonostante le ripetute scintille con Formigoni, e al netto del gioco delle parti e delle trattative per alzare il prezzo che in via Bellerio non sono mai mancati, la linea del barricadero Salvini ha avuto la meglio.

È la pancia del Carroccio a chiedere una svolta e la Lega è costretta a tenerne conto. Anche l'iniziativa del referendum nelle piazze per avere conferma del voto ad aprile sembra pensata per ricostituire una sintonia con i militanti. Il partito è scosso dalle inchieste che hanno toccato vari lumbard in consiglio regionale. C'è stata la vicenda di Renzo Bossi, indagato per appropriazione indebita nell'uso dei fondi della Lega, che si è dimesso dal consiglio. C'è poi il caso dell'assessore leghista Daniele Belotti, indagato nell'inchiesta per tifo violento degli ultrà dell'Atalanta. Ma a essere indagati sono anche l'ex assessore regionale Davide Boni (corruzione in un'inchiesta per tangenti nel settore edilizio) e l'ex assessore Monica Rizzi (trattamento illecito di dati protetti nell'inchiesta sul dossieraggio per favorire la carriera politica di Renzo Bossi). Chi gira per i comizi della Lega, sa come questi avvenimenti abbiano scosso i leghisti.

A chiedere il voto è anche Fabrizio Cecchetti, il leghista presidente del consiglio regionale: «Penso che quello che è stato richiesto in consiglio federale sia più che condivisibile.

Come presidente del consiglio rimango al di sopra delle parti, ma come semplice consigliere leghista dico che questa legislatura non può terminare nel 2015». Voto ad aprile? «Votare ad aprile porta chiarezza e trasparenza. Tornare al voto e chiedere al popolo che cosa ne pensa è un atto di chiarezza e di trasparenza, il più bello di tutti».

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