Prendeva i soldi dalla Regione Emilia-Romagna per fare la segretaria di Pier Luigi Bersani, così almeno ritiene la procura di Bologna che ipotizza il reato di truffa aggravata. Aveva un conto corrente cointestato con Bersani (anche qui s'indaga) su cui sono transitati finanziamenti per il Pd. Si è dimessa dalla Regione per essere assunta dal Partito democratico e fare ufficialmente l'ombra dell'ex leader del Pd. Ma il suo telefonino non lo pagava né la Regione né il partito. Il conto delle chiamate era a carico del Parlamento. Cioè della collettività.
Zoia Veronesi, la storica segretaria di Bersani da quando egli era presidente dell'Emilia-Romagna, aveva in uso un cellulare di Montecitorio. L'ha rivelato il Fatto quotidiano e l'ha confermato colui che gliel'ha fatto avere, ovvero il faentino Gabriele Albonetti, questore della Camera nella scorsa legislatura, l'uomo dei conti del Pd a Montecitorio e fedelissimo dello smacchia-giaguari. «Era anche una mia collaboratrice a titolo gratuito - ha detto Albonetti - Teneva i rapporti con la regione per le questioni che interessavano noi parlamentari emiliani».
La vicenda è corposa. Zoia Veronesi fu assunta in Regione da Bersani nel 1993. Quando il presidente fece il ministro (1996-2001 e 2006-2008), la segretaria prese l'aspettativa e lo seguì a Roma. Ma nel 2008 la Regione, pur avendo già un ufficio di rappresentanza, istituì a Roma una seconda sede di collegamenti e Veronesi fu trasferita nella capitale. In realtà lavorava per Bersani. La cosa andò avanti fino al 2010, anno dello scandalo che fece dimettere il sindaco di Bologna Flavio Delbono, incastrato dai favori fatti alla segretaria-fidanzata Cinzia Cracchi con i soldi della Regione Emilia-Romagna quando ne era vicepresidente.
Dopo le dimissioni di Delbono, e dopo gli esposti del deputato bolognese Enzo Raisi (allora Pdl, poi Fli), il 28 marzo 2010 Zoia Veronesi lasciò la Regione per essere assunta dal Pd. Ma la procura indagò la signora e Bruno Solaroli, capo di gabinetto del governatore emiliano-romagnolo Vasco Errani, per truffa aggravata ai danni dell'ente: per due anni e mezzo Zoia Veronesi prese uno stipendio pubblico mentre lavorava per un privato, il signor Bersani. Ora le indagini sono chiuse e sarebbe pronta la richiesta del processo per gli indagati.
Nelle carte dell'inchiesta comparve un anno fa anche un conto corrente aperto all'agenzia del Banco di Napoli della Camera. Su questo conto, in vari anni, sono transitati circa 500.000 euro tra cui numerosi contributi di privati. Donazioni che comprendono anche i 98.000 euro versati nel 2006 dalla famiglia Riva, i proprietari dell'Ilva di Taranto. La procura l'aveva scoperto controllando i movimenti bancari di Zoia Veronesi. Ma c'è voluto un anno prima che i magistrati di Bologna trasferissero per competenza il fascicolo a Roma. Un anno in cui Bersani ha fatto due campagne elettorali, per le primarie e per il voto di febbraio.
Se queste indagini fossero venute prima alla luce, avrebbero danneggiato le già alterne fortune di Bersani. Il quale ha fatto sapere che si tratta di contributi registrati. Ora viene a galla il telefonino della Camera dato da Albonetti a Zoia Veronesi senza che la signora avesse legami con Montecitorio.
Sono gli euro pagati dalla Regione Emilia-Romagna a Zoia Veronesi anche se lavorava per il Pd
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