Monti rischia di sparire e invoca i faccia a faccia

Appello a Berlusconi e Bersani: "Nostro dovere per gli italiani". Ma dimentica che per Pdl e Pd non è lui l'avversario da battere

Pierluigi Bersani, Mario Monti e Silvio Berlusconi in tre immagini riprese nello studio Rai di Porta a Porta
Pierluigi Bersani, Mario Monti e Silvio Berlusconi in tre immagini riprese nello studio Rai di Porta a Porta

Roma - Per come la giri e per come la volti, bisognerà ammettere che la campagna di Mario Monti s'è impantanata nelle steppe dell'irrilevanza. Quella che doveva essere la marcia trionfale di Napoleone alla conquista del Palazzo d'inverno, Chigi o Quirinale che fosse, s'è tradotta per i suoi seguaci nella medesima, snervante attesa del colpo d'ala, della battaglia risolutiva. Ma il nemico non c'è, non s'è materializzato in quell'attenzione o nelle bagarre che il Prof sperava, quanto piuttosto nel più insidioso degli avversari possibili. Se stesso.
È sempre difficile dover ammettere la propria inconsistenza, i propri limiti. Il non essere riuscito a imporre la propria Agenda, e dire che proprio su di essa Monti aveva fatto la puntata della vita. Non c'entra allora tanto la freddezza del personaggio; ciò che dimostra la debolezza della proposta sta piuttosto nel continuo inseguimento dei topos di questa campagna elettorale: i colpi a sorpresa del Cav, l'irruenza popolare di Grillo, la competenza economica sfoggiata dall'ex amico Giannino. Di fronte alle quali il Prof naviga come scialuppa in balia dalle onde, un po' illudendosi di assecondarle, copiandole, un po' remandoci contro, fino a farsi venire il mal di mare. O di fegato, se vogliamo. «Toni alti? Mi sembra una bella definizione per l'asprezza che ha contrassegnato questa campagna... - dice la povera vittima - Certamente ho sentito fuochi concentrici su di me. Com'è giusto, se uno scompagina i giochi degli altri è giusto che gli altri dicano che cosa pensano di lui».
Il brutto però è risvegliarsi una mattina e scoprire che gli altri non pensano poi granché. Così l'ennesimo appello da lui lanciato per un confronto in televisione con quelli che considera i propri competitor, Bersani e Berlusconi, ha il sapore della disperazione corre seriamente il rischio di restare lettera morta. «In tutte le democrazie avanzate si fa questo - lamenta accorato - perché proprio in Italia non deve avvenire, proprio in un momento in cui l'antipolitica è così diffusa e così furiosa? Vogliamo alimentarla sottraendoci al confronto base di una civiltà democratica? Abbiamo il dovere di farlo... Davvero volete sottrarre ai cittadini italiani il diritto di formarsi un'idea sulla base di un confronto diretto tra i candidati?». Ma il guaio è che forse gli italiani si sono già fatti un'idea precisa. E perché poi limitarlo ai tre big, considerato che Grillo vale (almeno nei sondaggi) il doppio del Prof e non ci pensa per nulla a entrare nel frullatore tv? E che Berlusconi ha già dichiarato che nello schema bipolare l'unico avversario è Bersani? E che Bersani avrebbe tutto da perdere a dover magari ammettere, davanti alle telecamere, che all'indomani del voto dovrà scendere a patti con Monti?
Insomma, ci sono buoni motivi per ciascuna delle tre forze maggiori a non farsi vedere in giro con il premier, che ognuno dei tre considera fastidioso dissipatore di voti più che avversario da battere. Monti è l'unico che pensa di avere tutto da guadagnare, dal confronto tv («Siamo prontissimi a stare all'opposizione», è arrivato a dire al Secolo XIX).

Sicuramente perché risulterebbe il più freddo e compassato, così gli hanno spiegato gli spin doctor, ma soprattutto perché la posizione di terzo tra due litiganti donerebbe un po' di significato a una posizione che finora non l'ha avuta. Riuscendo nel miracolo di concedere un po' d'ossigeno a Scelta civica, così poco vitale nei sondaggi. Ma la vitalità se uno non ce l'ha, non se la può dare. Né chiederla in prestito ad altri, in verità.

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