Marine e il padre cacciato: "Non me lo perdonerò mai"

La leader del Rn "parla" agli elettori fedeli al fondatore del Front: "Allontanarlo dal partito la scelta più difficile"

Marine e il padre cacciato: "Non me lo perdonerò mai"
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A pochi giorni dalla scomparsa a 96 anni di Jean-Marie Le Pen, si fanno i conti con la storia; anche con la propria. Quella del Front National è infatti una saga di famiglia. E per Marine, figlia del fondatore dell'estrema destra d'Oltralpe, c'è una ferita di cui nessuno le aveva mai davvero chiesto conto finché Jean-Marie è stato in vita: la cacciata del padre dal Front National da lei azionata nel 2015. «Una delle decisioni più difficili della mia vita».

È toccato al Journal du dimanche scavare nel dolore dopo il funerale di sabato, ottenendo un pentimento per la brusca rottura voluta dall'avvocatessa diventata leader del partito oggi più votato di Francia: «Non mi perdonerò mai quella decisione, perché so che gli provocò un dolore immenso», ha detto giustificando però il parricidio politico con la necessità d'allargare gli orizzonti del Fn. In una Francia pronta ad accogliere certe sollecitazioni paterne, ma non più disposta a tollerarne le provocazioni, dopo l'ennesima sparata fu quindi espulso: era ancora presidente onorario quando disse che l'occupazione tedesca non era stata poi così disumana, e condì il tutto promettendo «un'infornata» a Patrick Bruel, uno dei cantanti, per giunta ebreo.

Fu uno strappo politico (e umano) mai ricucito, con cui la figlia inaugurò la premiante fase della dé-diabolisation del Front National, recidendo del tutto il legame con il reazionario che sfiorò l'Eliseo nel 2002. Ma oggi, in una fase in cui non è più la sola a dire che certe idee paterne su immigrazione, sicurezza e globalizzazione non erano poi così strampalate (tolti i negazionismi, anzi di stretta attualità), ecco il sottile rimpianto per la scelta choc: «Fino alla fine della mia esistenza mi porrò la domanda: Avrei potuto agire diversamente?». Tanti vecchi elettori del padre, come vari ex Fn sostanzialmente epurati come lui, vissero quel gesto come un tradimento (e qualcuno guarda ancora Marine con sospetto per quella cacciata). Oggi il nuovo passo: l'affaccio su un passato che riscuote seguito nell'Ue e un abbozzato mea culpa.

Al Jdd, «BleuMarine» doveva parlare della visita nell'arcipelago di Mayotte e delle emergenze che il governo dovrebbe affrontare, ma era inevitabile che finisse per commentare l'addio del patriarca della destra. Nel non semplice né scontato elogio post mortem chiama (per la prima volta dopo anni) «papà» l'uomo che gli avversari hanno bollato per decenni come «il diavolo» della V Repubblica. «Felicemente sorpresa» per l'omaggio tributato anche da partiti che hanno avversato il «Menhir» (così l'hanno ricordato i quadri dell'odierno Rassemblement national), Marine si è scagliata contro i cortei di giubilo dei simpatizzanti di estrema sinistra che si son dati appuntamento in varie piazze stappando champagne da Parigi a Marsiglia. «Sintomo di ferocia, ingiusto giudicarlo solo alla luce di quelle polemiche». Pragmatismo in tasca e fiamma nel simbolo, rivendica certe idee paterne e pure la sua strada che guarda all'Eliseo.

Mai così vicino da quando nel 2011 ha ereditato il Fn recidendo il cordone ombelicale col fondatore: «A un certo punto ho detto basta perché non si può dare speranza alla gente, promettere loro un futuro migliore, costringendola a vivere con una spada di Damocle sulla testa».

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