Si naviga in acque agitate a Marina di Carrara. E il rischio è quello di rimanere incagliati nelle secche dell'ottusità. Sì perché quella che stiamo per raccontarvi è soltanto la più recente conferma che investire in Italia è un percorso a ostacoli: un anno e mezzo speso in confronti estenuanti con sindacati e amministratori locali, arroccati su posizioni preconcette di chiusura (specie se chi tende la mano è un investitore straniero, «addirittura» svizzero) cui nel caso specifico si è aggiunto, trattandosi di un'azienda pubblica, un altro interlocutore che brilla per il suo carico di buro-impedimenti: il governo. Una situazione di stallo, che rischia di vanificare ambizioni imprenditoriali e la possibilità di un rilancio in grande stile di un polo produttivo appassito e destinato, purtroppo in alternativa alla chiusura.
La storia, con tutte le contraddizioni di un'Italia che potrebbe lavorare ma si fa passare davanti le opportunità senza nemmeno sforzarsi di acciuffarle, è quella di Nca, Nuovi Cantieri Apuania che, assieme a Fincantieri, è l'ultima realtà pubblica della navalmeccanica italiana. Nca è totalmente partecipata da Invitalia, perde milioni di euro ogni anno, ha 158 dipendenti, molti dei quali già in cassa integrazione. Nel cantiere, al momento, viene tenuta a galla o, meglio, in «ostaggio» dai lavoratori, come «arma» di trattativa, l'unica commessa cioè una nave-traghetto per le Ferrovie, dopodiché, visto che non sono previste nuove costruzioni, tutto il personale verrà cassintegrato e Invitalia liquiderà Nca il 31 dicembre. Dentro questo scenario, si è inserita, un anno e mezzo, fa la proposta di salvataggio avanzata da Ocean Independence, colosso multinazionale della nautica di super lusso con sede a Zurigo, che intende rilevare il cantiere di Marina di Carrara, con un investimento di 25 milioni di euro e l'impegno a mantenere 106 posti di lavoro. Il piano di riconversione e rilancio presentato prevede di farne un centro di eccellenza per la manutenzione e la «rimessa in forma» di mega yacht e, cosa tutt'altro che trascurabile, la realizzazione di strutture a mare e a terra, che innescherebbero un indotto occupazionale per decine di altre persone.
Solo che i sindacati, Fiom-Cgil in testa hanno già respinto al mittente questa proposta in ossequio alla logica del mantenimento del posto di lavoro «per tutti i dipendenti e fin da subito». Dal canto suo, anche il sindaco socialista di Carrara, Angelo Zubbani conferma al Giornale certe sue perplessità e soprattutto parla di altre nuove proposte arrivate dopo che, il 16 agosto, l'esclusiva della trattativa fra Ocean e ministero dello Sviluppo economico, è decaduta e quindi ora c'è spazio anche per proposte concorrenti. Ma la proposta Ocean Indipendence merita di essere snobbata? «L'obiettivo è realizzare un polo per la nautica di lusso nel Mediterraneo in un luogo strategico come Marina di Carrara. Ai 106 lavoratori subito confermati - spiega Maurizio Cei, ex amministratore delegato del gruppo Baglietto e di Perini e ora incaricato ufficiale di Ocean Indipendence, per condurre la trattativa - si aggiungeranno quelli generati dallo sviluppo delle attività e dall'indotto che il piano di rilancio stima in oltre 350 unità entro tre mesi. La nostra è una delle principali società di brokeraggio del mondo e offre servizi di yacht charter. Ha circa 120 navi di dimensioni superiori ai 20 metri in vendita e gestisce la più grande flotta charter del mondo, costituita da oltre 140 yacht».
Ma il sindaco-scettico che cosa ne pensa? «Io non sono, nemmeno per sogno, un irriducibile oppositore del piano Ocean Indipendence - replica Zubbani - ma sono aperto anche ad altre proposte, quelle di Admiral, impegnata nella costruzione di maxi yacht e della cordata Antonini-Corsi che invece è più orientata verso la carpenteria. Come amministrazione pubblica non abbiamo preclusioni ma è ovvio che sposiamo la tesi dei sindacati quando chiedono che il piano di rilancio di Apuania mantenga tutti o quasi dipendenti. Cosa che Admiral e il gruppo Antonini-Corsi si sono impegnati a fare». Intanto, più che con una navigazione a vista, Ocean Indipendence è costretta a fare i conti con una navigazione miope, visto che Invitalia il 27 settembre ha chiesto modifiche al piano sollecitando la società svizzera ad assorbire ancora più dipendenti.
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