"Questo signore rappresenta il capitalismo, lui è l’esecutore di questo sistema". Accuse gravi quelle mosse dalla cella da Alfredo Davanzo, uno dei capi delle cosiddette "Nuove Brigate Rosse".
Accuse rivolte al giuslavorista Pietro Ichino, intervenuto questa mattina davanti ai giudici milanesi per chiedere che venga riconosciuto il diritto a non essere aggrediti.
Ancora oggi "non posso che circolare su un’auto blindata", ha detto Ichino, che ha parlato di un pericolo ancora incombente e attuale per lui perché "queste persone vogliono decidere chi sia il simbolo dello Stato ed emanare sentenze di morte e di ferimento nell’ambito di una guerra che hanno dichiarato".
Il senatore del Pd ha riferito di aver proposto un "dialogo" agli imputati, ma loro hanno sempre rifiutato, perché "ancora oggi teorizzano il loro diritto di uccidere e di intimidire". Queste persone, ha proseguito Ichino, "sono terroristi e non c’è altro termine con cui possono essere definiti" e alla "follia" degli imputati, non c’è altro rimedio che la condanna in uno Stato di diritto". Il professore ha ricordato che lui è costretto a vivere sotto scorta da ormai 10 anni, ossia dal 2002, dopo l’uccisione di Marco Biagi.
All'intervento di Ichino ha replicato duramente Davanzo: "Quelli blindati siamo noi. Questa gente non ha diritto a fare sceneggiate. C’è una guerra di classe in corso, eseguiremo il dovere di sbarazzarci di questo sistema".
La sentenza nel processo milanese d’Appello bis alle "Nuove Br" del Partito comunista politico-militare è attesa per il pomeriggio. L’accusa ha chiesto dodici condanne a pene fino a 14 anni e 1 mese di reclusione.
Prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio per la sentenza, alcuni imputati hanno
gridato contro il giuslavorista "Vergogna, vai a lavorare". Dallo spazio riservato al pubblico, dove si trovavano amici e parenti degli arrestati, si sono alzate altre grida e insulti contro Ichino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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