Open Arms, Salvini: "Non ho paura e non patteggio. Io trattato peggio di un pedofilo"

Il leader della Lega a Quarta Repubblica dopo la richiesta di sei anni di carcere avanzata dal Pm a Palermo

Open Arms, Salvini: "Non ho paura e non patteggio. Io trattato peggio di un pedofilo"
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No. Matteo Salvini "non ha paura di essere condannato". É convinto di avere ragione. Non ha alcuna intenzione di "patteggiare". È pronto ad andare fino in Cassazione. E rivendica il suo diritto di difendere i confini e di mantenere le promesse elettorali. Intertervistato a Quarta Repubblica da Nicola Porro, il vicepremier ribadisce la sua posizione dopo i sei anni di carcere chiesti dal pm nel processo Open Arms di Palermo. "Neanche fossi uno stupratore - dice Salvini - ci sono pedofili e violentatori per cui la pubblica accusa" ha chiesto una pena meno dura. "Sono serenamente incazzato, perché tutto mi sarei aspettato tranne che entrare in tribunale e rischiare sei anni di carcere. Carcere vero".

Non ci sono mezzi termini. Salvini lo considera un "imbarazzante processo all'Italia". Un "processo politico contro di me, contro la Lega e contro questo governo". Un "pericoloso precedente" che rischia di far passsare un "aberrante concetto secondo cui non si possono fermare gli sbarchi", peraltro proprio mentre mezza Europa, dalla Germania di Scholz alla Gran Bretagna di Starmer, copia il modello italiano o reintroduce i controlli alle frontiere. "Rifarei tutto - assicura il leghista - Avevo chiesto ai cittadini di votarmi per ridurre gli sbarchi e l'ho fatto".

Negli studi Mediaset, Salvini si difende anche nel merito, come peraltro fatto in Aula a Palermo. Intanto ricorda che tutte le decisioni erano concordate con Giuseppe Conte e Danilo Toninelli, il quale andava anche a rivendicarlo nelle interviste tv. E poi fa notare che "questo sarebbe l’unico sequestro di persona in cui il presunto sequestratore ha detto ai sequestrati 'andate dove volete'". Ricordate quei giorni? L'Ong, ferma al largo, aveva rifiutato un porto "dalla Tunisia, da Malta e dalla Spagna". "Loro volevano venire in Italia perché era una scelta politica".

Il ministro è convinto che, anziché indagare sul Viminale, i magistrati avrebbero dovuto mettere nel mirino il comandante della nave spagnola che insisteva a volerli far scendere tutti in Italia. E poi in quel braccio di ferro con l'Ue "non è morto nessuno, non si è fatto male nessuno e abbiamo fatto scendere minorenni, malati, donne incinte e presunti feriti". Salvini aveva un obiettivo: ridurre gli sbarchi, dimezzare i morti in mare e far capire all'Ue che era arrivato il momento di prendere in mano il dossier. Ci era riuscito, ma secondo i magistrati palermitani, a differenza dei loro colleghi di Catania che l'hanno archiviato per un fatto simile, il ministro è colpevole e va condannato per difendere "i confini del diritto". "Ma io ho fatto quello che prima di me metteva in atto Minniti - ribatte Salvini - e quello che Lamorgese ha fatto dopo".

Infine, l'affondo politico. "Io spero che a sinistra qualcuno si vergogni - attacca il leader della Lega - Un conto è contestarmi nei comuni o nelle regioni, un conto è che provano a mandarmi in galera perchè non riescono a sconfiggermi perchè gli italiani si fidano di me. É qualcosa di imbarazzante, io non ci riuscirei". Certo: il vicepremier è convinto che, se non il giudice di primo grado, ci sia almeno una toga disposta nei tre gradi di giudizio ad assolverlo.

In caso diverso, Porro "dovrà venirmi ad intervistarmi in carcere". Se venisse accolta la richiesta della pubblica accusa, infatti, il leghista dovrebbe andare dietro le sbarre. Almeno due anni. Carcere vero.

Articolo in aggiornamento

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