Correnti, dissapori, divergenze e regolamenti di conti. L'ultimo strappo avvenuto nel Pd racconta meglio di qualunque retroscena cosa sta accadendo nel partito guidato da Elly Schlein. Nel rimescolamento delle cariche interne, è accaduto che il deputato dem Piero De Luca (figlio del governatore campano Vincenzo) sia stato rimosso dal ruolo di vicepresidente del gruppo alla Camera e che al suo posto sia arrivato il collega Paolo Ciani, del movimento cattolico Demos. Normale avvicendamento, potrebbe osservare qualcuno. Sì, ma solo a un'analisi superficiale della situazione. Nello stesso Pd, infatti, il cambiamento ha creato tensioni e contraccolpi; qualcuno tra i dem è arrivato addirittura a parlare di "scalpo politico" e di "vendetta". Il motivo è presto detto.
Piero De Luca appartiene infatti al gruppo che alle primarie aveva sostenuto Stefano Bonaccini. E, a detta dello stesso deputato, quell'aspetto avrebbe influito anche sul recente avvicendamento ai vertici del gruppo parlamentare. "Le logiche che hanno prevalso in questa vicenda, per quanto mi riguarda, non sono state fondate né su dinamiche politiche, né sulle competenze, né sul contributo al lavoro parlamentare, ma risentono di scorie ancora non smaltite delle ultime primarie. Si è consumata una sorta di vendetta trasversale che non fa onore", ha infatti lamentato sui social l'ormai ex vicepresidente dem alla Camera. Il deputato ha poi proseguito il suo sfogo offrendo l'immagine di un partito chiuso su se stesso. "Io credo che un grande partito come il Pd debba rilanciarsi parlando di temi, di contenuti, di idee, di progetti, anche di sogni per il futuro del Paese. Debba in sostanza parlare di qualcosa, non lavorare contro qualcuno", ha denunciato.
Sullo sfondo - non meno trascurabile - il braccio di ferro che Elly Schlein sta giocando il Campania rispetto al possibile terzo mandato di governatore per Vincenzo De Luca, da lei non troppo gradito. Ma, secondo i conoscitori delle traversie dem, a offrire un'emblematica chiave di lettura all'avvicendamento sarebbe proprio il profilo del nuovo vicepresidente Paolo Ciani, attivista vicino alla comunità di Sant'Egidio, che già a gennaio fu l'unico nel Pd a votare contro il decreto Ucraina che confermava l'invio di armi. "Le armi non portano la pace, le armi uccidono, protraggono le guerre", disse. Piero De Luca è invece considerato vicino all'ex ministro della difesa dem Lorenzo Guerini, diversamente tra i più favorevoli al sostegno armato a Kiev. "È sbagliato trasformare questo passaggio nella ricerca di uno scalpo politico", ha peraltro tuonato l'ex ministro nel corso dell'assemblea del gruppo. Il dettaglio è sembrata a molti interessante, soprattutto dopo il recente caos del voto piddino tripartito (10 sì, 4 astensioni e un no) al regolamento Ue sull'uso del Pnrr per le munizioni.
Che Elly Schlein, ufficialmente favorevole al sostegno a Kiev, abbia voluto dare un segnale di discontinuità anche in tal senso? Certo il cambiamento ai vertici del gruppo parlamentare non è stato indolore. Nella riunione dell'assemblea del gruppo le tensioni sono venute allo scoperto. De Luca non c'era, mentre non hanno partecipato al voto Guerini, Marianna Madia - che avrebbe parlato di "un'operazione punitiva e senza mordente" - e Piero Fassino. Non ha votato Enzo Amendola, dopo aver sottolineato l'indebolimento della rappresentanza del sud nell'ufficio di presidenza. E questo alla faccia di quanti invece parlano di un Pd "rigenerato" da un non meglio precisato "effetto Schlein".
Per la cronaca, il nuovo ufficio di presidenza Pd alla Camera sarà quindi composto da Simona Bonafé, confermata vicepresidente e con il ruolo di vicaria e, come vicepresidenti, da Ciani, Valentina Ghio e Toni Ricciardi. Anche al Senato è stato eletta la nuova squadra: entrano come vicepresidenti Alfredo Bazoli (col ruolo di vicario) e Antonio Nicita, vengono confermati Beatrice Lorenzin e Franco Mirabelli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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