Della serie: Filippo Penati chi? L'ex braccio destro di Pier Luigi Bersani si è dimesso da vice presidente del Consiglio regionale lombardo e non è più iscritto al Partito democratico. Ma continua a sedere tra i banchi del Consiglio regionale. Dove vota regolarmente. Ovviamente allineato ai compagni del piddì. Eppure Bersani si affretta a prendere le distanze, a sottolineare che con i democratici non ha più nulla a che fare e che degli affaracci in cui è invischiato non sa un bel niente.
"Non lo sapevo io", si è affrettato a dire il laeder del Pd ai microfoni di Radio Anch'io. Filippo Penati chi? Cosa faceva lassù in Lombardia? "Mi pare non lo sappiano ancora i magistrati - si è affrettato a spiegare Bersani - non lo so, appureremo, c’è la rivendicazione di un’innocenza". Il sospetto di tangenti scotta ancora. I magistrati non hanno ancora fatto luce sul giro dei denari lombardi. Certo, Penati non era mica il tesoriere dei democratici, ma sono in molti quelli che accostano la figura dell'ex braccio destro di Bersani a fattacci che hanno coinvolto Francesco Belsito nella Lega Nord e Luigi Lusi nella Margherita. Il segretario del Pd ha subito chiarito che i vertici del partito non erano al corrente del comportamento di Penati. "E intanto Penati non è più iscritto al Pd. Questa cosa di mettere tutti nel mucchio non mi sembra sensatissima". Dichiarazione fotocopia di quella rilasciata dallo stesso Penati dopo le dimissioni di Renzo Bossi deal Consiglio regionale della Lombardi. "Ricordo che mi sono dimesso dalla carica di vicepresidente del consiglio - aveva detto - ho lasciato tutti gli incarichi nel Partito democratico". Lapidario, appunto.
Intanto, Penati continua a essere consigliere. Una carica che gli frutta oltre 10mila euro al mese di stipendio (ovviamente netti), più benefit e staff personale. Non solo. Adesso, il Gruppo misto - con Penati consigliere unico - ci costa 215mila euro tra spese di funzionamento, rappresentanza e pubbliche relazioni. E ancora: allo stipendio da consigliere andranno ad aggiungersi la buonuscita e il vitalizio. Insomma, niente dimissioni anche se resta il sospetto che Penati sia l’artefice di un sofisticassimo sistema di "ingegneria della mazzetta" con cui, a detta dei pm, insieme alla "banda dei sestesi" avrebbe rifornito le sue casse e, probabilmente, anche quelle del partito. Quando rivestiva la carica di presidente della Provincia di Milano, Penati comprò a prezzi stratosferici le azioni della Serravalle dall’imprenditore Marcellino Gavio che ricompensò, a sua volta, il partito mettendo a disposizione 50 milioni di euro di plusvalenza per la scalata dell'Unipol alla Bnl. "La procura ha chiesto una nuova proroga delle indagini di altri sei mesi che sono peraltro in corso da quasi due anni - è la difesa di Penati - mon è neppure ancora stata presentata la richiesta di rinvio a giudizio che mi consentirà di stare per la prima volta davanti al giudice dell’udienza preliminare per far valere le mie ragioni".
La giustizia farà il
suo corso. Ma quel che interessa a Bersani è che Penati si sia per tempo dimesso dal Partito democratico. Quello che ha fatto prima - quando, appunto, era nel Partito democratico - non ha importanza. Almeno, per Bersani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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