Era la notte tra il 31 maggio e il 1° giugno del 2015 quando il centrosinistra riuscì per l'ultima volta a compiere un'ardua impresa: ovvero quella di strappare al centrodestra una Regione. Il famoso segno "2" in schedina per Partito Democratico e compagni resta fermo così al successo che ottenne più di otto anni fa Vincenzo De Luca in Campania contro Stefano Caldoro, governatore uscente. Da quel giorno in poi l'ammucchiata rossa è sempre rimasta ferma al palo quando si trattava di andare a vincere in trasferta. Non solo ma, nel frattempo, sono anche arrivati diverse sconfitte casalinghe per la coalizione guidata dal Pd. Insomma: per espugnare una Regione governata dal centrodestra ci sarà da aspettare un'altra occasione.
Il Molise completa l'ein plein del centrodestra
L'ennesima disfatta in Molise dell'alleanza giallorossa, con la contemporanea affermazione di Francesco Roberti alla guida dell'amministrazione territoriale nella zona orientale del Centro Italia, conferma la tendenza che è ormai in atto da quella lontana primavera del 2015: nessun movimento politico avversario della coalizione che attualmente è maggioranza in Parlamento (che sia Pd, Movimento 5 Stelle o partiti dell'estrema sinistra) è mai riuscito a togliere da presidenza regionale un esponente di Fratelli d'Italia, Lega o Forza Italia grazie a un proprio rappresentante ufficiale candidato a governatore.
Quando De Luca costrinse Caldoro all'interruzione della propria esperienza politica al comando della Regione Campania, il segretario nazionale Partito Democratico era Matteo Renzi, che ricopriva in quel periodo anche la carica di presidente del Consiglio. La tornata elettorale di fine primavera 2015, dove il centrosinistra aveva in qualche modo "tenuto", si rivelò l'inizio del declino politico dell'ex sindaco di Firenze, il quale successivamente cadde sotto i colpi prima delle elezioni Comunali nel giugno 2016 (Roma e Torino in primis) e poi del referendum costituzionale del 4 dicembre. Il 60% dei No alla sua proposta di revisione della Carta sancì la fine della sua esperienza a Palazzo Chigi.
Sinistra quasi inesistente nelle Regioni
Fatto sta che, dopo avere preso la Campania in quella circostanza, il vecchio e il nuovo raggruppamento "rosso" non ha mai messo in atto negli appuntamenti elettorali regionali - seguendo un gergo linguistico tipico del mondo del calcio - una vittoria da "corsaro". Anzi, spesso è avvenuto esattamente l'opposto: ovvero che fosse il centrodestra a strappare diverse Regioni amministrate dalla sinistra. Capitò con la Sicilia nel 2017 (da Crocetta si passò a Musumeci), in Abruzzo (da D'Alfonso a Marsilio), in Sardegna (da Pigliaru a Solinas), in Basilicata (da Pittella a Bardi), in Piemonte (da Chiamparino a Cirio) e in Umbria (da Tesei a Bianconi) nel 2019; in Calabria (da Oliverio a Santelli), nelle Marche (da Ceriscioli ad Acquaroli) nel 2020 e più recentemente nel Lazio (Rocca ha preso il posto di Zingaretti).
Al termine di questa lunga stagione elettorale di inizio 2023, la mappa delle Regioni amministrate resta così ferma ai cambiamenti che c'erano stati lo scorso 13 febbraio: 15 per il centrodestra e 4 per il centrosinistra, al quale rimane solamanete Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Puglia e per cui le varie Lombardia, Veneto, Calabria, Sicilia e Friuli-Venezia Giulia (governate dal centrodestra e tutte riconfermate negli ultimi anni) si sono sempre dimostrate un pericolossimo campo minato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.