Milano - «Teresa, ma dove si scarica il modulo?». «Teresa, una signora ha già il certificato penale e mi chiede se adesso deve farne un altro, che le rispondo?». «Teresa, ma articolo 25 o 25 bis va bene uguale?».
«Teresaaaa...!». Teresa risponde a tutti, paziente e instancabile. La dirigente ha in mano le circolari del ministero, legge e rilegge e praticamente le sa a memoria. Eppure è comunque un casino. Perché non è un giorno qualunque, al piano terra del tribunale di Milano. All'Ufficio locale del casellario giudiziale è il primo giorno del Grande Pasticcio. E così, questo stanzone dove si entra solo col numero come alle Poste o dal salumiere diventa la trincea più avanzata sul fronte del Garbuglio Legislativo. Da ieri è in vigore la legge «antipedofili», e quaggiù - su questi onesti lavoratori del Palazzaccio - il decreto del governo si abbatte come un piccolo tsunami. Per capirlo bastano due numeri: se fino all'altroieri arrivavano ogni giorno un centinaio di richieste per ottenere un certificato penale, la nuova settimana si è aperta con 680 domande. Praticamente sette volte tanto. Et voilà, l'ufficio è intasato.
In principio fu il dirigente di una piccola società sportiva. Il paziente zero. Il primo a telefonare al Casellario per avere chiarimenti su quel decreto legislativo varato dal consiglio dei ministri il 22 marzo, entrato in vigore ieri e nel frattempo già modificato. Poi, il diluvio. Un fiume di chiamate e email dalle quali traspare chiaro il caos che ha coinvolto presidi, educatori, allenatori, pediatri, insegnanti. Insomma, l'enorme categoria umana che per lavoro ha a che fare con i bambini, e che per legge dovrebbe dotarsi di una «patente». Perché fino a pochi giorni fa la norma diceva una cosa, e nel giro di 48 ore stabiliva altro. Versione numero uno: tutti - ma proprio tutti - quelli che lavorano a contatto con un minorenne hanno l'obbligo di presentare l'estratto del casellario per dimostrare di non avere precedenti penali per i reati «di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies», cioè pornografia, prostituzione, adescamento e violenza ai danni di minori. Un universo sconfinato di soggetti avrebbe dunque dovuto bussare ai tribunali di tutta Italia. Dopodiché il ministero ha fatto retromarcia, e con una circolare ha fissato i nuovi - e più blandi - paletti. In sostanza il decreto «ammorbidito» solleva dall'incombenza tutto il mondo del volontariato, a meno che «il soggetto che intenda avvalersi dell'opera di terzi si appresti alla stipula di un contratto di lavoro», mentre «l'obbligo non sorge invece ove si avvalga di forme di collaborazione che non si strutturino all'interno di un definito rapporto di lavoro». Caso pressoché scontato tra allenatori non professionisti, educatori per passione, catechisti per fede. Insomma, per tutti coloro che prestano la propria opera - appunto - volontariamente.
Eppure sull'ufficio milanese - che solo ieri ha avuto il sistema informatico aggiornato, tanto per complicarsi un altro po' la vita - sono piovute domande proprio da società sportive, scuot, onlus varie in realtà esentate dall'obbligo di legge. Gli unici senza incertezze - piccola caso - sono stati i preti. Da nessuna parrocchia, infatti, è partita una telefonata al casellario. Tutti gli altri hanno insistito preferendo chiedere un certificato (di fatto inutile) piuttosto che rischiare multe assai salate. E pagandolo, dai 20 ai 25 euro a seconda dell'urgenza.
E così, i nove dello stanzone al piano terra del tribunale si affannano tra computer e sportelli, telefoni e salti mortali. Delle prime 680 domande ne hanno già evase 475, e più di una volta «che fare?». Ma per i dubbi c'è lei. «Teresaaa...!».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.