Il Pd dilaniato e allo sbando va in assemblea con Speranza

RomaSe la natura profonda delle cose sta ne lo loro nascimento, come insegnò Giambattista Vico, allora benvenuto Achille Occhetto nella liquefazione del partito nato male e vissuto peggio. «Va riconosciuto che ci fu un difetto di fabbricazione, una piccola crepa che di fronte alla mancata vittoria s'è allargata», ne parla come da morto il liquidatore del Pci (che invano s'arruffò attorno alla sua «Cosa», il Pds, non traendone vantaggi: né per sé, né per l'Italia).
Dunque si parla di un prodotto «fallato», al cui capezzale oggi s'avvicendano personaggi di diversa natura. Se i «big» superstiti del partito, nell'indecisione del decidere, hanno affidato a un gruppetto di volontari la preparazione all'assemblea di preparazione del congresso, ecco che i sei «piccoli saggi» del Pd, tosto riuniti, hanno elucubrato le prime determinazioni. Prima questione: si modifica lo Statuto per eleggere sabato prossimo un reggente piuttosto che un segretario (termine, ne converrete, troppo impegnativo)? Soluzione dei «saggetti»: per il momento decidiamo di non decidere sullo Statuto, per cui all'assemblea si eleggerà un segretario. Mirabile la chiosa di alcuni parlamentari pidì, in evidente sintonia con le teste d'uovo: «Un segretario indicato a stagione congressuale appena aperta si può anche definire reggente». Dunque, si potrà chiamare o così o pomì.
Poi ci sarebbe la seconda questioncella: chi. Le pattuglie in armi, disponendo ognuna di validi sostegni giornalistici, propongono discese ardite e risalite. Bollettino odierno: sale Speranza, sempre in virtù del nome (benvoluto da Bersani e renziani); stabili Finocchiaro e Cuperlo (benvoluti da Bersani e dalemiani); in caduta libera Fassino (benvoluto dalla moglie) e Chiamparino (lavora in banca). Ancora una volta «a sorpresa» emerge Zingaretti, sul quale si farebbe del pressing - cosa ben diversa dallo stalking -, ma vorrebbe esser lasciato in pace nel Lazio appena conquistato. Felice intuizione del prodiano Sandro Gozi: «Che ci siano altre candidature rispetto alla task force non sarebbe un dramma». Nessuno se ne accorgerebbe, in verità. Perché se lo schema dei «piccoli saggi» richiama quello dei «grandi» di Napolitano, per coprire d'affetti un candidato privilegiato (in questo caso Speranza circondato da Sereni, Sassoli, Zanda, Amendola e Scalfarotto), pare sicuro che gli arriderà il medesimo, travolgente successo.
A tal proposito, è bene ricordare che Renzi, ricordando ancora che «il partito non ha colto l'opportunità elettorale, ma così s'è preso i ministri del Pdl» (leggi: bischeri, era meglio se mandavate me), tratta con un certo sussiego i temi pre-congressuali. «Sono impreparato, non me ne occupo, non mi candido alla segreteria. Sabato? Penso di esserci...». Mah, sarà stata l'ingombrante vicinanza di D'Alema, anch'egli ieri a Firenze, che del sussiego è campione assoluto (e del disgusto verso i gruppi dirigenti l'antesignano). Anche D'Alema non dimentica il passato: «Nelle primarie Renzi ha sbagliato perché s'è presentato con un programma di distruzione del partito, rottamazione è una brutta parola. Tanto è vero che le ha perse, e c'è un nesso tra le due cose. Ha avuto una sola vittoria: che io non sia in Parlamento, in pratica gliel'ho consegnata». Ma pensa anche al futuro, all'assemblea di sabato: «Sa, io faccio un altro lavoro. Purtroppo o per sfortuna venerdì e sabato sono a Barcellona...

Cercherò di vedere se riesco a partire un po' prima, in tempo per la votazione finale». Già, per chi? «Io voto sempre a favore. Voterò a favore del candidato che non so chi sia». Appunto, quello giusto. Speranza o Chicchessia.

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