Roma - E no, non chiamatela patrimoniale. Un nuovo prelievo sul lusso, dice Stefano Fassina, noi proprio non lo vogliamo. Tassa sulla ricchezza, allora? Nemmeno: non esiste, non è nel programma, poi non serve nemmeno perché tanto «esiste già e si chiama Imu». Semmai, spiega, «la nostra è una proposta per l'equità fiscale dei patrimoni». Chissà, forse possiamo chiamarla raddoppio. Il Pd infatti, oltre a «puntare a redistribuire in senso progressivo l'imposta patrimoniale in vigore, ossia l'Imu», adesso ne vuole aggiungere un'altra, un balzello statale. Prima aliquota prevista, tre per mille progressiva. Esentati gli immobili di valore inferiore al milione e mezzo di euro: però attenzione, i parametri catastali sono vecchi e vanno rivisti.
E non dite che Pier Luigi Bersani, quando sostiene di non voler fare il Robespierre, ha cambiato idea, perché questa «è la posizione del Partito democratico fin dal 9 settembre 2011». Il resto, scrive Fassina in un commento pubblicato dall'Unità, è «polemica inesistente»: Largo del Nazareno da sempre si muove seguendo soltanto «il principio del chi ha di più, dà di più». Eppure la questione fiscale ha ormai occupato stabilmente il centro del dibattito e della campagna elettorale. Monti afferma che «non è incoerente» voler ridurre le tasse. Riccardi stima molto Vendola ma precisa che «la patrimoniale non è certo tra i nostri obbiettivi». Casini puntualizza che tra lui e il leader di Sel «c'è un abisso». Rutelli è rimasto fuori perché «non digerisce» l'accordo con Nichi Vendola. E così quasi tutti i giorni Bersani è costretto a intervenire pubblicamente per rassicurare gli elettori: «Io non sono per mettere delle patrimoniali sulle grandi ricchezze non immobiliari».
Sì, ma le case? Quelle forse si possono toccare, lì c'è qualcosa da raschiare. Come fare lo indica chiaramente il responsabile economia e lavoro del Pd. La sua premessa è che, «data la libera circolazione di capitali e la presenza anche nell'Unione europea di paradisi fiscali, la ricchezza finanziaria si sottrae facilmente al fisco». Da qui la proposta, datata 2011. Primo. «Un'imposta comunale del quattro per mille su tutti gli immobili (anche diversi dall'abitazione principale) applicata a una base imponibile corretta in riferimento ai valori di mercato da definire attraverso la riforma del catasto. All'imposta dovuta per la prima casa, si applica una detrazione pari a cinquecento euro».
Secondo punto. «All'imposta comunale come riformulata sopra, si affianca un'imposta erariale (statale) personale sul patrimonio immobiliare, ad esclusione dell'abitazione di residenza dal valore inferiore a 1,5 milioni di euro e dei fabbricati direttamente adibiti dal proprietario ad attività di impresa». Il balzello è progressivo. La prima aliquota, tre per mille, si applica ai patrimoni immobiliari sotto i 300mila euro. «È evidente - conclude Fassina - che in relazione all'Imu vigente beneficiano della proposta le abitazioni di residenza di valore inferiore a 1,5 milioni e le aziende e le seconde case fino ai 300mila euro».
Pure secondo Bersani «è necessario rendere più progressiva l'Imu e farne un'imposta più giusta: mai più condoni, noi lavoriamo per la fedeltà fiscale in modo che ogni euro che ricaviamo serva a ridurre le tasse per chi le paga». Quanto alla patrimoniale, il segretario insiste: «Niente tasse sulle ricchezze finanziarie». Dovrebbe spiegarlo alla Camusso, che vuole colpire, «multiproprietà immobiliari e rendite».
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