Roma - Acque agitate in casa Pdl. Metti gli antichi dissapori tra «ex» che riemergono specie in vista delle ricandidature; metti l'ultimo sfregio del Laziogate che alimenta il vento anticasta; metti le divisioni sulla legge elettorale tra chi fa il tifo per le preferenze e chi no; metti i punti di domanda sulle prossime mosse di Berlusconi e il rebus delle alleanze. Fatto sta che è tutto un ribollire di insoddisfazione e di richieste di cambiamento.
Capitolo degli «ex»: nonostante sia una semplificazione parlare di ex An, dal mondo della vecchia fiamma ardono focolai di malcontento. La voglia di fare qualcosa di nuovo c'è anche se le carte restano coperte, in attesa di capire come cambierà la legge elettorale. L'ipotesi è una scissione a destra e una successiva federazione con il Pdl alfanian-berlusconiano. È noto chi preme: La Russa, Meloni, Rampelli, Corsaro e i «lombardi». Ed è altrettanto noto chi frena: Matteoli e i matteoliani ma anche Gasparri. Mentre Alemanno sta alla finestra sebbene alzi il tiro: «Serve un azzeramento totale del centrodestra». Proprio Corsaro mette in campo un altro nodo non da poco: «Il partito deve scegliere la propria collocazione in modo netto e chiaro. Deve dire che non siamo più disponibili a mischiare i nostri voti con quelli della sinistra». Il che vuol dire: niet assoluto ad ogni ipotesi di Grosse koalition, qualora le urne dessero un risultato di sostanziale pareggio. Possibilità, questa, che invece non dispiace affatto a qualche ex azzurro.
In ogni caso, anche ambienti futuristi sono stati avvicinati dagli ex An. Naturalmente anche in casa Fini i mal di pancia non mancano perché nella liaison con Casini, al presidente della Camera rimarrebbero le briciole: 5 o 6 candidati sicuri ma gli altri? Ecco perché i contatti tra Menia (colonnello forte di Fini) e Augello (senatore pidiellino e grande regista della destra romana) si sono intensificati. Ma c'è un ma. Il mondo di provenienza è lo stesso ma gli schiaffi che son volati con Fini all'epoca della spaccatura Pdl-Fli sono tutt'altro che dimenticati.
Scalpitano, poi, anche i giovani amministratori che avevano dato vita al movimento interno «FormattiamoilPdl». Già il nome rende l'idea della loro mission. Uno dei leader, il sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo, non si tira indietro: «La formattazione? Sacrosanta. Anzi, deve entrare nella fase due: già abbiamo presentato a Berlusconi e Alfano un documento sottoscritto da una dozzina di sindaci e mercoledì avremo un incontro». Cosa chiedono? «Una discontinuità netta con il passato, un cambio di passo». Il bubbone scoppiato in Lazio rischia di travolgere tutto: «C'è una rabbia pazzesca per quello che è accaduto. Questi scandali fanno male soprattutto perché non sembra essere un singolo episodio ma un sistema». Insomma, la questione morale c'è ed è grande come una casa. La soluzione per Cattaneo è «ricostruire il Pdl dalle sue basi fondanti: un passo indietro della politica e dello Stato». Porte aperte alle primarie: «A tutti i livelli. E aria nuova con le preferenze».
Ma la soluzione preferenze e/o primarie non convince tutti. Laura Ravetto, per esempio, mette il dito nella piaga: «Fiorito è stato eletto con le preferenze. E poi c'è il rischio sindrome Napoleone». Ossia? «Che quando poi il partito vorrebbe dall'eletto un passo indietro, l'eletto si può permettere un braccio di ferro con i vertici dicendo: Non rispondo a te ma ai tot mila elettori che mi hanno scelto». Più che i pruriti scissionisti (che ci sono eccome), è la questione morale a far tremare il partito. Anche l'ex ministro Anna Maria Bernini non vede spaccature in vista: «Non mi sembrano all'orizzonte».
Il problema è fare pulizia: «Oggi il tema principale è che i rubagalline vanno espulsi dal partito subito. Se ci sono delle infezioni bisogna estirpare il male e cauterizzare le ferite». Ottimista l'ex ministro Stefania Prestigiacomo che chiede di «non prendere le difficoltà come sconfitte».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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