Perché sulle Ong Cecilia Strada si sbaglia

La figlia del fondatore di Emergency ha accusato duramente il governo per il blocco delle navi Ong al largo della Sicilia. Ecco perché la sua posizione presenta delle incongruenze

Perché sulle Ong Cecilia Strada si sbaglia

Cecilia Strada, figlia del fondatore di Emergency Gino Strada e attivista di Resq People, nelle scorse ore è intervenuta sulla questione relativa alle navi Ong ferme a largo della Sicilia. E ha, come nelle previsioni, attaccato duramente l'attuale governo.

“La situazione è chiara – ha dichiarato in una recente intervista – da una parte ci sono l'umanità e il diritto, dall'altra il governo italiano. Qualsiasi popolo dovrebbe essere terrorizzato da un governo che calpesta i diritti dei deboli e le leggi internazionali”.

Le parole di Cecilia Strada

Secondo l'attivista, a essere del tutto fuori dal controllo delle leggi internazionali sono i governi. Non solo quello italiano, ma è ovviamente contro il nuovo esecutivo guidato da Giorgia Meloni che Cecilia Strada ha lanciato chiare accuse. “Stiamo assistendo alla violazione gravissima dei diritti umani dei naufraghi – si legge nelle sue parole – ma anche di quelli dell'equipaggio delle navi, in attesa da giorni di sbarcare un migliaio di persone in un paese di 60 milioni di abitanti”.

“Da cinque anni – ha proseguito – le navi delle Ong vengono descritte come navi pirata. È vero invece il contrario: siamo gli unici, insieme ai mercantili, a rispettare il diritto e le convenzioni internazionali che impongono di soccorrere i naufraghi”.

In poche parole, secondo Cecilia Strada il divieto di sbarco per le navi Ong imposto dal Viminale, oltre a essere scorretto politicamente, rappresenterebbe una violazione del diritto internazionale. E quindi una nuova puntata del braccio di ferro tra governo e attivisti.

“La guerra contro di noi non nasce in queste ore – ha poi proseguito l'attivista – in cui assistiamo a violazioni palesi e oscene: da anni si demonizza chi sta in mare a colmare il vuoto dei Paesi europei, che hanno abbandonato il Mediterraneo”. Una guerra in cui quindi le navi Ong, secondo questa ricostruzione, sarebbero vittime e parti lese.

Come detto però, Cecilia Strada non ha puntato il dito solo contro il governo italiano. Le accuse sono state rivolte anche verso l'Europa, rea di aver lasciato irrisolto il problema, Malta e la Libia. Quest'ultima non viene vista come porto sicuro, mentre a La Valletta è stato contestato il fatto di non intervenire adeguatamente nei soccorsi.

Come stanno realmente le cose

Su quest'ultimo punto, la figlia del fondatore di Emergency ha ragione: Malta spesso in un passato anche molto recente ha lasciato l'incombenza degli interventi all'Italia, gravando quindi sulla nostra fragile situazione interna. Sul resto però, all'attivista sembra sfuggire qualche punto.

In primo luogo, lo sbarco “di qualche migliaio di migranti” anche in un Paese da sessanta milioni di abitanti potrebbe rappresentare un problema politico non indifferente. In un contesto dove sono arrivati in Italia quasi centomila migranti dal primo gennaio a oggi, ogni sbarco inevitabilmente è destinato a gravare sul già appesantito sistema di accoglienza. Per questo in campagna elettorale il tema è stato molto sentito. E, sempre per questo, oggi il discorso relativo alle Ong ha un peso politico importante.

C'è poi la questione relativa alla conformità con il diritto internazionale. Cecilia Strada ha difeso l'operato di quelle navi che costantemente dirigono la prua verso l'Europa. “La Tunisia, l’Egitto, Malta hanno tutte aree Sar ('Search and Rescue') di competenza – ha ricordato in un'intervista su IlGiornale.it l'ammiraglio Nicola De Felice – nella cui aree sono tenuti a prestare soccorso e a salvaguardare la vita delle persone recuperate in mare. Chi soccorre ha l’obbligo di rispettare l’area Sar del Paese in cui si trova, non può fare ciò che vuole”.

Tradotto, nessuno può fare

di testa propria. Né tanto meno le Ong. Le quali quindi non possono costantemente chiedere un porto sicuro all'Italia. L'impressione è che la partita legale e politica tra governo e Ong si giocherà proprio su questo tasto.

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