
Sembra una storia vecchia come la sinistra ma non è mai banale. È la violenza antica di chi sogna la rivoluzione e vive di ideologie assolute, dove non c'è spazio per lo sguardo degli altri, per chi non vive la vita come loro. È una legge della storia, i primi nemici di queste bande intolleranti sono i riformisti. È successo ieri a Torino, alla vigilia del 25 aprile, per ricordare che sono passati 80 anni dalla liberazione. La scena è beffarda e surreale. Il palco di piazza Castello si sta svuotando, i sacerdoti della festa politica e nazionale scendono e sfilano, la cerimonia è finita. Solo che c'è un corteo rumoroso che sta arrivando. È l'anima «sociale» della piazza, di tutte le piazze, e di quelli che si sentono il cuore sacro della sinistra e cantano «Bella Ciao» e «l'Internazionale», portano la kefiah d'ordinanza e bruciano le bandiere d'Israele. L'unica pace che vedono in Ucraina è il deserto russo. La loro libertà è la menzogna dello Stato assoluto. Si erano già fatti sentire durante la fiaccolata, con le parole dell'antagonismo finto anarchico. La rabbia si scatena quando vedono davanti agli occhi le bandiere dell'Ucraina e dell'Unione Europea. C'è qualcosa in quei colori che li fa impazzire. Ci sono le cariche e gli scontri contro i «radicali» di +Europa e i parlamentari renziani. Non sono degni della liberazione. Il guaio è che i «rivoluzionari» sono benedetti da quel che resta dell'Anpi. I «partigiani» del 2025 non desiderano affatto liberarsi di chi si sente il custode violento dei valori del comunismo.
Sì, perché il comunismo è di nuovo l'architrave ideologico della sinistra italiana, come se il tempo, di fronte all'incertezza di questa lunga stagione caotica, viaggiasse a ritroso, ritrovando le radici di un totalitarismo che non è mai stato culturalmente davvero ripudiato. Allora la novità di questo 25 aprile va guardata in faccia. L'intolleranza dei rossi è tornata in piazza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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