Il pinocchio Monti adesso promette di abbassare le tasse

Il pinocchio Monti adesso promette di abbassare le tasse

RomaNel paese di Collodi, non passa ormai giorno senza che Pinocchio ne inventi una nuova. Non importa quale, basta che sia bella. Anzi balla.
Tanto «della realtà corrente se ne occupa Grilli», scarica l'attempato pezzo di legno trasformista. Ed è chiaro che se al Grilli parlante messo all'Economia tocca l'ultima patata bollente, il commissariamento del Monte dei Paschi, al professore d'Economia che occupa Palazzo Chigi resta un campo dei miracoli dove ogni cosa può accadere. Dove se imponi tanti zecchini di gabelle nasce un albero di sgravi e tasse ridotte, dove se tagli gli insegnanti ipotizzi «vacanze estive di un solo mese (frase poi goffamente rettificata)» e poi ogni scuola (e famiglia) si salvi da sé. Dove se «il precipizio è vicino» s'è purtuttavia «invertita la marcia», se «escludo la manovra» non è però escluso che la manovra tocchi a chi viene dopo. Un campo nel quale «i poteri forti non amano me, ma stanno con i partiti, che sono legati anche ad apparati e interessi costituiti» e se hai avuto fischi dai terremotati «sono meno di quelli che mi aspettavo» e, ohibò, «ho notato che viene chiesto l'abbonamento Rai e cose del genere ai cittadini che hanno perduto la casa, me ne occuperò oggi stesso...». Oggi stesso, cioè otto mesi dopo, vale a dire circa 240 giorni per accorgersi di tali minutaglie (ecco infilarsi un brandello di verità: i fischi dovevano essere molti di più).
Grazie all'estrema flessibilità che la natura attribuisce solo a certi personaggi fiabeschi, il terreno esplorato da Monti apre orizzonti inattesi e sorprendenti, nei quali se hai lavorato per Goldman Sachs «ho dato solo consulenze antitrust», se hai girato a Mps l'intero introito dell'Imu «ho aiutato i depositanti e non certo i banchieri». Anche se hai bloccato tu stesso la proposta di mettere un tetto agli stipendi dei supermanager.
Un mirabolante paese dei balocchi, quello che vive nelle promesse di Monti. Ormai stanco d'avere indosso la giubba di Mangiafuoco, il nostro rinnovato Pinocchio guarda allo specchio il naso che cresce e trova che gli calzi a pennello. Ascolta qualunque facezia gli passi per la testa di legno e ci crede come se fosse la riforma Fornero. A giorni alterni attacca Berlusconi, cui invidia tanto il popolo («vorrei averci a che fare», peccato che il popolo no), e anche la Cgil perché «condiziona il Pd». Ma poi d'incanto si rigira e dice: «Non mi pento di aver votato Silvio», «Mai criminalizzato i sindacati», «Dopo il voto faremo la grande coalizione per le riforme». E Bersani, capo del Pd, ammattisce: «Ma lasciamo stare la grande coalizione, per l'amor di dio...». Almeno, i conti, sono in ordine?, chiede la Cgil. «Sì, ma non escludo niente in certi casi di esito del voto». Ma come, s'indigna la Camusso, si può mai sostenere che «la manovra ci può essere o non essere a seconda di chi vince»? Ebbene sì, Pinocchio può tutto. Destra e sinistra protestano per questa specie di minaccia, anzi, di vero e proprio ricatto del tipo «o votate me o son guai». Ma il burattino elettorale ormai saldamente infilato nel loden non se ne cala, e non ne risponde.
Eppure è proprio sul cavallino a dondolo preferito, quello dell'economia e delle tasse, che il Monti rivisitato da Collodi esprime il meglio della sua gioiosa macchina della menzogna. Pronti alla sarabanda? «Blocco della spese pubblica corrente al netto degli interessi, 4,5 per cento in meno nell'arco di cinque anni, riduzione dell'Imu a partire dal 2013, raddoppio delle detrazioni sulla prima casa, per figli a carico e anziani soli, sforbiciata all'Irap dal 2014 eliminando il monte salari dalla base imponibile».

Dulcis in fundo, venghino siori venghino, mi voglio rovinare, «meno Irpef dal 2014, a partire dai redditi medio bassi». Obbiettivi credibili, promette l'imbonitore civico, «impegni seri, non promesse». D'altronde, dice, «noi siamo freschi perché sgombri da eredità pluridecennali». Volpe Casini e Gatto Fini, toh, anche voi qui?

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