Arresti domiciliari negati a Ilaria Salis: la notizia è rimbalzata velocemente da Budapest a Roma, scatenando reazioni politiche che la sinistra ha pericolosamente usato come una clava contro il governo italiano. La vicenda giudiziaria della 39enne detenuta in Ungheria è stata infatti strumentalizzata nuovamente dai progressisti per accusare il nostro esecutivo di non fare abbastanza: mossa alquanto azzardata, se non addirittura controproducente. Destinata cioè a non giovare alla causa dell'insegnante lombarda accusata di aver aggredito due esponenti di estrema destra.
Quel che purtroppo si sarebbe dovuto evitare, è invece avvenuto. Dopo il pronunciamento dei giudici ungheresi, la sinistra italiana volata a Budapest con una folta rappresentanza si è difatti scagliata sia contro il governo di Viktor Orban, sia contro quello guidato da Giorgia Meloni. Per la segretaria dem Elly Schlein, la negazione dei domiciliari alla Salis è stato "uno schiaffo irricevibile ai diritti di una persona detenuta, di una nostra connazionale". Quindi l'appello: "Ci aspettiamo che il governo di Giorgia Meloni reagisca, subito". Ancora più esplicito l'affondo dei Cinque Stelle.
"La presidente Meloni si definisce patriota, allora si faccia sentire con il suo amico Viktor Orbàn. Lo Stato italiano non può passivamente assistere all'umiliazione pubblica di una sua cittadina detenuta in una infinita attesa di processo in condizioni degradanti", ha affermato in una nota la senatrice pentastellata Sabrina Licheri. Altrettanto diretto il co-portavoce di Avs, Angelo Bonelli: "Il governo Meloni superi le reticenze dovute alla sua vicinanza con Orban e si faccia portavoce di una netta e immediata condanna, utilizzando ogni strumento diplomatico e politico a disposizione per assicurare che sia fatta giustizia". Analogo il tono utilizzato da Laura Boldrini, che ha lamentato l'assenza di esponenti di centrodestra a Budapest per l'odierna udienza. La maggioranza - ha quindi incalzato - "non vuole mettere in imbarazzo la premier Meloni o il patriottismo delle destre va a corrente alternata?".
Di reazioni simili provenienti da sinistra potremmo fare un lungo elenco, accompagnato però da una semplice considerazione di fondo: sollecitare una posizione muscolare del nostro esecutivo contro l'Ungheria non appare il miglior modo per facilitare l'iter di una vicenda giudiziaria sulla quale già nel recente passato il Paese di Orban si era irrigidito, lamentando proprio presunte interferenze da parte nostra. Dunque, quello condotto dalla sinistra in queste ore rischia di rivelarsi un "gioco" molto pericoloso, potenzialmente in grado di compromettere anche i tentativi di confronto diplomatici avviati con l'Ungheria (al netto del fatto che il nostro Paese non possa intervenire sulla giustizia di un'altra nazione).
Ragionevoli, al riguardo, sono state invece le osservazioni rilasciate stamani dal vicepremier Antonio Tajani. "Mi auguro che la signora Salis possa essere assolta, ho visto che oggi è stata portata in aula ancora in manette e catene ma pare che poi gliele hanno tolte. Non è un bel modo, non mi pare ci sia pericolo di fuga", ha dichiarato il capo della Farnesina, esprimendo disappunto per le immagini della detenuta in ceppi. "Detto questo - ha aggiunto Tajani, centrando il punto - eviterei di politicizzare il caso, se no si rischia lo scontro".
Intervistato da SkyTg24, il vicepremier ha commentato anche le indiscrezioni di stampa su un'ipotetica volontà della sinistra di candidare l'insegnante lombarda alle europee.
"A me preoccupa la cittadina Salis non mi interessa se poi vogliono candidarla ma se si deve trasformare il processo in scontro politico lo scontro politico non favorisce la signora Salis", ha detto Tajani. Inserire l'ipotesi elettorale nel dibattito politico sulla già complicata vicenda equivarrebbe a gettare benzina sul fuoco.
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