A tentoni nella nebbia si va verso lo show down. «Per noi vale il metodo dei due terzi. Se ognuno arriva con la sua bandierina dalle prime votazioni, una intesa è impossibile», manda a dire Pier Luigi Bersani a Beppe Grillo che gli propone di votare insieme Milena Gabanelli, uscita numero uno dalle «quirinarie» di Casaleggio.
Ma ad un presidente eletto al primo scrutinio ci credono in pochissimi, nel Pd. Bersani lavora, senza grande entusiasmo, ad una rosa a più petali che domani dovrebbe proporre a Berlusconi, se e quando l'incontro si terrà. Ci metterà Anna Finocchiaro e Franco Marini, «più per risarcimento che per convinzione», spiegano, perché sui due si è già abbattuta la raffica di niet di Matteo Renzi. Ci metterà Giuliano Amato, che però ieri sera veniva dato in calo. «Noi siamo pronti a votare come soldatini il candidato su cui ci sarà la massima intesa», spiegava ad esempio Peppe Fioroni. «Temo però che su Amato non ci stiano né la Lega né Sel». E infatti sul dottor Sottile è arrivato il veto dei vendoliani, ma anche quello interno dei Giovani Turchi: far digerire un ex socialista alla pancia post-Pci si rivela sempre più difficile che fargli digerire un democristiano qualsiasi.
E ci metterà anche il nome che ieri veniva ripetuto più spesso e con più convinzione da anime diverse del partito: dai Turchi, appunto, fino ai lettiani e ad una parte degli ex Ppi: Massimo D'Alema. Un nome che «porterebbe con sé una seria intesa col centrodestra, anche per il governo», spiega uno degli esponenti Pd che lavorano su questo fronte. Sull'ex premier Ds però si è abbattuto l'anatema di Grillo: «Spero non sia candidato, ha fatto inciuci per vent'anni e ha permesso a imprenditori senza una lira di comprare aziende con un debito, vedi la Telecom». Per il renziano Matteo Richetti «sarebbe una candidatura con qualche problema, non rappresenterebbe l'unità del paese». Anche se Dario Nardella, già vice sindaco di Firenze e molto vicino a Renzi, mette il nome di D'Alema in pole position, assieme a Amato e Prodi: «Serve una personalità in grado di rappresentare l'Italia al meglio a livello internazionale, e Amato risponde a questo profilo, come D'Alema e Prodi».
Ma Bersani, raccontano i suoi, «si sta lasciando aperta ogni strada». E le avance di Grillo, ieri, hanno fatto rinascere in lui la speranza mai sopita di andare finalmente a Palazzo Chigi, e non grazie ad un vituperato «inciucio» col Cavaliere. «Se voti il nostro candidato potrebbe essere l'inizio di una collaborazione», lo ha blandito il comico genovese. Ovviamente neppure Bersani può pensare di far votare al Pd la Gabanelli, ma sul second best grillesco, l'ex Ds Stefano Rodotà, «si può discutere e trovare una convergenza», ammette la fedelissima Moretti. Per questo il segretario Pd fa circolare la «carta segreta» Sabino Cassese, giurista come Rodotà e ballon d'essai di avvicinamento ai 5 Stelle. Avvicinamento che potrebbe poi finire su Prodi. «Il dramma è che non pare esserci un nome che riesca a reggere più di 24 ore», sospira Michele Ventura, ex parlamentare toscano di lunghissimo corso, dalemiano e nella scorsa legislatura presidente vicario del gruppo Pd.
Uno che ne ha viste tante, nel Palazzo, ma che oggi si dice «preoccupatissimo» per quel che può succedere se la partita scappa di mano: «Altro che metodo Boldrini, mai come in questo momento serve un presidente di fortissima caratura politica, perché dovrà gestire la crisi più difficile della storia italiana. Non è tempo di dilettanti allo sbaraglio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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