La proposta di Calderoli: "Eliminare il ballottaggio". Ma il Pd s'infuria e minaccia

Spesso al ballottaggio il vincitore prende meno voti di quelli ottenuti dall'avversario al primo turno. Il ministro: "Non viene rispettata la volontà popolare". Ma i dem avvertono: "Così stop al confronto"

La proposta di Calderoli: "Eliminare il ballottaggio". Ma il Pd s'infuria e minaccia

Le recenti elezioni amministrative di Udine hanno posto di nuovo al centro la discussione sul ballottaggio, in cui diverse volte il vincitore finisce per prendere meno voti di quelli incassati dall'avversario al primo turno. Il caso di Udine è emblematico: il 3 aprile Fontanini del centrodestra era stato il candidato con maggiori preferenze (19.524) mentre De Toni del centrosinistra si era posizionato dietro (16.762); il ballottaggio ha ribaltato la situazione e De Toni è diventato il nuovo sindaco con 18.576 voti, ovvero con meno consensi ottenuti da Fontanini al primo turno. Ecco perché c'è chi chiede di mettere da parte la pratica del ballottaggio.

La proposta di Calderoli sui ballottaggi

A lanciare l'idea è stato Roberto Calderoli, secondo cui di fronte a queste circostanze "non viene rispettata la volontà popolare". In tal modo rischia di trionfare non chi ha più consenso ma chi ha maggiore capacità di mobilitazione degli iscritti e dei simpatizzanti. Il ministro delle Autonomie nell'intervista al Corriere della Sera ha riconosciuto che ovviamente è un voto democratico anche quello del ballottaggio, ma non ha nascosto delle perplessità.

"I cittadini si sono già espressi una volta, non capiscono perché devono essere costretti a tornare ai seggi dopo due settimane", ha dichiarato Calderoli. Che ha negato la teoria secondo cui la mossa servirebbe per mettere in difficoltà il centrosinistra, spesso favorito al secondo turno: "A Torino nel 2016 Piero Fassino al primo turno prese il 41,8% contro il 30,92% di Chiara Appendino che al ballottaggio poi vinse per 54,6% a 44,4%".

In sostanza si guarda al sistema elettorale delle Regionali, che prevede un unico turno e un premio di maggioranza per chi riesce a superare il 40%. Il ministro ha affermato che si tratta di un modello "che ha garantito governabilità e stabilità". Tra le altre cose si è detto contrario anche alla possibilità del voto disgiunto, definito come "una vera sciocchezza". In effetti, in considerazione di un sistema bipolare, "non si capisce perché un sindaco può trovarsi a governare con una maggioranza di altro colore".

La minaccia del Pd

Indubbiamente il tema va posto in quanto frequentemente la scelta del primo turno viene stravolta al ballottaggio da un numero inferiore di elettori. Eppure il Partito democratico non vuole sentirne parlare, arrivando addirittura a minacciare lo stop al dialogo politico. I senatori Alessandro Alfieri e Dario Parrini hanno difeso la legge elettorale dei sindaci nei Comuni sopra i 15mila abitanti.

Gli esponenti del Pd ritengono che eliminare il ballottaggio "significa stravolgere quella legge" e hanno denunciato quelle che reputano essere "parole faziose, infondate nel merito, molto gravi sul piano del metodo, perfette per rendere impossibile qualsiasi confronto". Nella giornata di ieri anche Elly Schlein ha bocciato l'idea di abbassare la soglia per svolgere il secondo turno delle elezioni amministrative.

Sulla stessa linea si è posizionato Filiberto Zaratti, capogruppo di

Verdi-Sinistra italiana nella commissione affari Costituzionali della Camera, secondo cui "alla destra evidentemente piacciono solo le leggi elettorali che li mettono nelle migliori condizioni per vincere".

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