Pure Bersani lo ammette: «Primi, ma senza vincere»

RomaOlezzo di pesce marcio aleggia tutt'intorno all'Acquario romano. Ma non viene dalla struttura fine Ottocento che doveva ospitare una stazione di piscicultura; progetto abortito sul nascere e diventato, nel corso dei decenni, inutile e ridondante edificio più volte sul punto d'essere abbattuto. Oggi si ritrova nel bel mezzo della Chinatown romana, e perciò è chiaro che il fetore promana dai rifiuti d'un paio ristoranti.
Ma al centro dell'ariosa sala ellittica, sormontata da palchi, più o meno dove un tempo stava la piscina, una salma c'è. Un salmone, direbbe Beppe Grillo con smodata iperbole. Il partitone che sogna in grande, che ha appena abortito l'ennesima vittoria, che boccheggia tramortito come un tonno e che rischia l' abbattimento. Il viso cadaverico del suo Capo, l'andatura caracollante, la singolare cravatta con piccoli boomerang su fondo blu, l'umor nero basterebbero a dare uno sguardo d'insieme e chiuderla lì. Per rispetto a una storia e ai milioni di italiani che ancora vi ripongono fiducia.
Invece Pier Luigi Bersani parla, deve parlare, ne farebbe volentieri a meno. C'è da giocare la prima mano e indicare un terreno di gioco: Grillo o Berlusconi. Certo è presto, non mancheranno occasioni, il leader vuole lasciarsi tutte le porte aperte. «Ci incontreremo quando saremo in Parlamento e discuteremo», dice. Ma soprattutto sembra ancora non capire, non essersi conto dell'«enorme novità che ha investito tutti e anche noi». Nonostante le sue parole vorrebbero dimostrare il contrario. Ammette la delusione, «siamo arrivati primi ma non abbiamo vinto», insiste sulla governabilità, avanza una frettolosa spiegazione dello tsunami: «La crisi, il rifiuto della politica per come si è presentata, l'inefficienza delle istituzioni, i politici moralmente non credibili». Sì, tutto plausibile, tutto vero. «Non si può dire che non l'abbiamo visto, che non abbiamo cercato di rispondere, di reagire». Già. Fatto è che «il problema ha nettamente sopravanzato le nostre ricette, e ne prendiamo atto con umiltà...».
Il bagno d'umiltà finisce qui. La risalita parte da uno stupendo «il bicchiere va letto dai due lati» e prosegue con «non siamo noi il problema, noi siamo il punto di tenuta». Indi: «Non siamo qui a gestire per gestire». Per cui: «basta balletti diplomatici con questo o con quello, si riposassero», «non accetto più di parlare per enigmi», «ribaltiamo lo schema, vediamo che cosa c'è da fare per cambiare», «non intendo da qui a là mettermi a imbastire accordi non si sa su cosa». Dimissioni? «Da capitano o da mozzo, non abbandono la nave». Avrebbe funzionato Renzi o una campagna meno scialba, più aggressiva? «Qui ci sono tonnellate, camionate di senno del poi. Non me la sono sentita di coltivare inganni, può darsi...». La rimonta di Berlusconi? «Dal 38 per cento al 22, sarà stata pure una rimonta... Ma la destra esiste, c'è in tutto il mondo, ragassi».
All'interno della solita fiera della frase fritta, della metafora in salmì eccoci così al dunque, perché «la prima parola tocca a noi». Si tratta di «una nostra possibile iniziativa, possibile chè non spetta a me ma al capo dello Stato poi decidere. Pochi punti programmatici essenziali, per il cambiamento: riforma istituzionale, riforma della politica con nuova legge sui partiti e una nuova moralità pubblica, difesa dei ceti in sofferenza, una nuova politica europea del lavoro». Dunque un appoggio esterno dei grillini, come accade in Sicilia, tema per tema? «Tema per tema è apprezzabile, è una bella cosa. Ma è anche piuttosto comodo, il governo funziona con la fiducia». E come rendersi suadenti per i grillini? «Fin qui hanno detto tutti a casa. Ora che ci sono anche loro, o vanno a casa anche loro o dicono che cosa vogliono fare per questo Paese, che è anche loro e dei loro figli. M5S è il primo partito alla Camera, ciascuno si prenda le sue responsabilità, io sono favorevole». Governo di scopo? «Governo di combattimento, per il cambiamento.

Pochi punti chiari, che si faccian capire». Farsi capire? Una parola, povero Smacchiatore che vorrebbe snidare il Grillo, dopo aver fallito col Giaguaro. Ora però s'è fatto guardingo: la trielina gli ha dato alla testa.

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