Qualche dubbio su Suor Anna

Non cerchiamo soluzioni facili, non mascheriamo la realtà con le nostre supposizioni, che sono sempre pericolose: finché sono quelle di un politico superficiale o di uno scrittore frettoloso passi: ma tutti sappiamo che queste sirene finiscono a volte per guidare le azioni della polizia, le indagini dei magistrati, le sentenze dei giudici

Qualche dubbio su Suor Anna
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Sarà ovviamente da accertare il ruolo avuto da suor Anna Donelli nella brutta vicenda che, così sembra, la lega al pericoloso clan dei Tripodi, famiglia legata alla 'ndrangheta molto potente nel Bresciano. E anche se sarebbe necessaria una certa cautela e una conoscenza reale e approfondita dei fatti, una marea di inchiostro è già stata versata su questa donna, e a supporto - si fa per dire - delle indagini degli inquirenti ecco apparire, come sempre, l'ombra dei teoremi. Sinceramente, non mi aspettavo che uno di questi teoremi, approssimativo e perciò con un sentore di malafede, venisse da uno scrittore che stimo come Roberto Saviano.

Nel suo non memorabile pezzo sulla vicenda apparso ieri su Repubblica, Saviano cerca di persuaderci (senza ben conoscere i fatti, insisto) che le azioni criminose di suor Anna siano in fondo una cosa normale, visto che il terreno di coltura delle mafie e della criminalità risiederebbe in un mix letale tra «impresa in crisi, banche, politica e religione», ossia «la matassa del capitalismo mafioso». Bum! Non voglio farmi difensore d'ufficio di suor Anna, anche se mi chiamo Doninelli e sono cattolico (è la sola cosa che tutti sanno di me), però mi chiedo: che razza di teorema è mai questo? Perché tutta questa fretta di indicare i colpevoli, perché accettare la parte, abbastanza umiliante anche se ben pagata, del professorone che ha già capito tutto? Saviano si dice certo che tutta questa vicenda non avrà nessuna conseguenza

politica, poiché «si continuerà a credere che il tema sia il crimine in strada dei migranti». Chi è questo «si»? Vorrei ricordare a Saviano che nei quartieri cosiddetti difficili e a maggioranza straniera di quasi tutte le città italiane - ultimo caso quello di piazzale Corvetto e della morte di Ramy Elgaml, a Milano - chi regge le fila di un mondo spesso allo sbando sono proprio le suore. E chi aiuta i migranti è quasi soltanto la mafiosa, la camorrista Chiesa Cattolica. E poi c'è la storia del volontariato. Suor Anna è una benemerita del volontariato nelle carceri, ed è strano che siano stati così pochi quelli che hanno dato voce a chi, senza prendere un soldo, presta la sua stessa opera. Uno dei pochi è stata Zita Dazzi, sempre su Repubblica, che registra fra l'altro le parole di un uomo che fa volontariato a S. Vittore da 23 anni e conosce bene la donna: «Se arrestano lei possono arrestare due terzi dei volontari» dice. Segue una foto realista di quel mondo: «Un po' alla volta conosci le situazioni familiari, i parenti ti chiamano, come sta Luigi, puoi dirgli che, poi vai a sapere se digli che suo figlio ha preso sette in matematica ha un altro significato...» eh sì, perché in questa rete meravigliosa, non ufficiale ma necessarissima, è facile che passino i messaggi in codice, e che per pura ingenuità ci si faccia, dunque, complici di crimini.

Forse non è questo il caso, forse suor Anna Donelli ha ceduto a qualche lusinga, forse si è lasciata corrompere: se io fossi un capo mafioso troverei ovvio infilare i più intelligenti dei miei nella magistratura, nella politica e nella Chiesa. In ogni caso,

sarà compito di uomini attenti e scrupolosi, uomini che non si lasciano incantare dai teoremi, stabilire la vera natura dei fatti. Ma la verità, come ricorda Gadda nel Pasticciaccio, è un nodo, un groppo inestricabile, gliòmmero lo chiama il protagonista, il dott. Ciccio Ingravallo. Bisogna guardarlo dritto, quel nodo, accettare il dubbio, talora accettare con dolore di non capire: un bravo scrittore dovrebbe saperlo sempre, anche quando si occupa di cronaca. Non cerchiamo soluzioni facili, non mascheriamo la realtà con le nostre supposizioni, che sono sempre pericolose: finché sono quelle di un politico superficiale o di uno scrittore frettoloso passi: ma tutti sappiamo che queste sirene finiscono a volte per guidare le azioni della polizia, le indagini dei magistrati, le sentenze dei giudici - non per cattiveria ma perché abbandonare ogni volta la comfort zone del nostro preconcetto chiede sempre fatica, chiede quell'andare un passo oltre sé stessi che la nostra civiltà ha chiamato etica.

Non vorrei che, a pagarne dazio, alla fine fosse proprio quella rete di volontari, religiosi e laici, che svolge un lavoro insostituibile nei luoghi del dolore; non vorrei che a qualcuno venisse in mente che il male si trova proprio lì, in quella terra di mezzo (non a caso si chiama 'terzo settore') che è uno dei pochi luoghi in cui si decide davvero della dignità umana di una società.

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