Le quattro spine nel fianco di Elly Schlein

Mentre l'Occidente si sposta a destra, Elly Schlein subisce il ritorno degli ex diccì, la bocciatura della Consulta sul referendum sull'autonomia e non riesce a risolvere la 'grana De Luca'

Le quattro spine nel fianco di Elly Schlein
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Donald Trump, Vincenzo De Luca, Romano Prodi e Maurizio Landini. Le spine nel fianco di Elly Schlein hanno nomi e cognomi ben precisi.

"Spero che Meloni si sia chiesta perché solo lei è stata invitata e la Ue no. Chi pensa che ci si salvi da soli sbaglia”, ha sentenziato la segretaria del Pd che ha bollato come “aggressivo e preoccupante” il messaggio di Trump. Se Meloni fosse stata l’unica leader a non esser stata invitata il Pd avrebbe parlato di “isolamento dell’Italia”. Ora che, invece, Meloni è stata l’unica leader europea presente all’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti risulta in ogni caso isolata. Il problema, per Schlein, in realtà, è il contesto internazionale è completamente cambiato. L’Unione Europea è sempre più debole e i due pilastri su cui si regge sono in crisi: in Germania il socialdemocratico Olaf Scholz ha già perso la guida del governo che in febbraio passerà molto probabilmente in mano alla Cdu, mentre in Francia il governo Bayrou voluto dal presidente Emmanuel Macron è tenuto sotto scacco da Marine Le Pen. Ma non solo. Al Pd brucia ancora la conferma della nomina a commissario e vicepresidente della commissione europea di Raffaele Fitto. Il Pd come potrà proseguire la sua narrazione immigrazionista se lo Ius Soli sparirà persino dal Paese che lo ha inventato proprio mentre la commissione europea si è spostata a destra? La richiesta di sicurezza e di un’immigrazione legale si fa sempre più pressante in tutto l’Occidente e per il Pd sarà più difficile ignorare tale richiesta.

Schlein ha già annunciato che appoggerà i referendum sulla cittadinanza e sul Jobs Act continuando a strizzare l’occhio a Maurizio Landini e all’ala più a sinistra del centrosinistra. Una posizione che, probabilmente, farà meno breccia nei cuori dei moderati del centrosinistra che già stanno iniziando a fare le proprie mosse.“Bisogna da un lato rafforzare il Pd e dall'altro fare una coalizione che possa arrivare al 50% più uno dei voti. Il Pd è il partito più grande dell'opposizione ma non basta minimamente", ha detto senza peli sulla lingua l’ex premier Romano Prodi intervenendo a Skytg24. I cattolici democratici stanno preparando le loro mosse, non restano silenti e vogliono tornare ad essere protagonisti dal momento che finora Schlein li sta completamente ignorando. “Una parte del mondo cattolico di sinistra non si sente abbastanza rappresentata e una parte delle posizioni più di governo, più avanzate, vorrebbero un Pd con un profilo più rassicurante, meno attivista”, ha detto molto chiaramente Paolo Gentiloni. La verità è che i centristi senza il Pd non vanno da nessuna parte come dimostra il fallimento del Terzo Polo di Renzi e Calenda, ma è anche vero che Schlein ha bisogna di una forza centrista per prendere i voti dei moderati. Questo, però, significa che la segretaria del Pd, oltre al M5S, avrà un alleato in più con cui dovrà contrattare su programmi e sui seggi quando si tratterà di definire i rapporti di forza in vista delle prossime elezioni Politiche. Insomma, avrà presto nuovi grattacapi oltre a quelli che già le procura il presidente della Campania Vincenzo De Luca. Come liberarsi dei ‘cacicchi’ tenendo insieme il partito sarà uno dei quesiti della prossima tornata elettorale per le Regionali.

Certo, se fosse passato il referendum sull’autonomia sarebbe stato più semplice per Schlein creare le basi per un’opposizione solida attorno a una battaglia comune, ma sfortunatamente per lei la Consulta ha dichiarato inammissibile il quesito referendario sostenuto dalle opposizioni. Ecco, dunque, che i prossimi mesi saranno assai impegnativi per la segretaria del Pd.

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