Matrimonio in chiesa antiquato e obsoleto? Adagio, con le conclusioni drastiche. Ci pensa Belen pia e devota a rivalutarlo. Hai visto mai che con una simile testimonial le nozze all'altare non tornino di nuovo trendy. Il gossip estivo è capace anche di questo: trascinarci nelle riflessioni più serie e più profonde. Fino all'altro ieri il matrimonio cattolico era dato per spacciato, diciamo in uno stato di sottovita vegetativa, tra boom di riti civili, unioni di fatto e convivenze naif, in altre parole di qualunque accordo più o meno acrobatico, purchè debitamente alla larga dai preti ficcanaso, nonché dai fumi di candela e dai suoni d'organo. Improvvisamente, la notizia dell'estate: la bomba erotica Belen, persino Belen, non ha esitato a cambiare religione pur di arrivare con il suo Stefano De Martino, padre della prima creatura, a pronunciare il solenne sì davanti a Dio. Come racconta la sorella Cecilia al settimanale DiPiù, la famiglia Rodriguez è da sempre protestante evangelica. Ma davanti al credo del fidanzato, la soubrette ha avvertito evidentemente il forte richiamo di una conversione, tanto da sottoporsi al supercorso accelerato - cresima compresa - per accedere al sacramento della nostra tradizione religiosa.
Rivela ancora la sorella: «Ci tiene tanto a chiamare Stefano marito. E non vede l'ora di entrare in chiesa sottobraccio a nostro padre». La sorella Cecilia dev'essersi un po' incartata con le necessità di sintesi, dimenticando di citare le motivazioni profonde che hanno spinto Belen alla conversione. Ad ogni modo soltanto Belen stessa ha ben chiara dentro di sé la ragione della scelta. Chi siamo noi per sindacare senza rispetto e senza pudore le macerazioni dell'anima altrui?
Augurando alla nuova sposa di intendersi più con Dio che con gli uomini, è un fatto comunque che questo matrimonio tradizionale stia vivendo una stagione molto particolare. Da una parte c'è la Chiesa, che sta cercando di renderlo più serio e responsabile, diciamo pure più sentito e più sincero. Sembra davvero finita l'epoca dei preti buttadentro, delle famiglie patriarcali che nemmeno potevano sopportare l'idea di uno scandaloso matrimonio fuori regola. La regola era una e tassativa: il sì va pronunciato all'altare. Punto. Fuori, tutta l'impalcatura dell'indotto merceologico a sostenere l'evento, dalle bomboniere al ristorante, dal viaggio di nozze all'orchestrina. E i doveri di mutua assistenza nella buona e nella cattiva sorte, e la promessa di fedeltà, finché morte non vi separi? Tutto letto e sottoscritto. A ciglio umido, giurando per l'eternità.
Converrà ricordare che sono cambiati molto i costumi, ma non è mai cambiato il sacramento. Il matrimonio cattolico è ancora e sempre quella cosa lì, al netto delle orchestrine e dell'auto d'epoca. I preti si ostinano a ricordarlo, sempre di più e sempre meglio, fino a sconsigliare loro per primi un matrimonio poco sentito. La Chiesa non bada più al «fatturato», senza andare troppo per il sottile: finalmente, la Chiesa accetta pure i piccoli numeri, magari persino la scelta di nicchia, però vera, però sentita, però autenticamente religiosa.
A fronte di questo ritorno alle origini, non è sicuro un convinto adeguamento delle anime. C'è ancora un sacco di bella gente che entra in chiesa al suono della marcia nuziale esattamente come poi entra al ristorante, chiedendosi se il fotografo starà facendo bene il suo lavoro. Per quanto la Chiesa cerchi di raffinare la selezione, non si può dire sia in crisi il campionario degli escamotage, delle finzioni, delle ipocrisie per aggirare gli ostacoli ideali.
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