nostro inviato a Ravenna
«Una montatura mediatica », dice il ministro Josefa Idem, «non sapevo niente, ero sempre in canoa». Eppure sono molti gli aspetti non chiariti dello scandalo in cui è coinvolta (mancato pagamento di Ici, abusi edilizi, palestra senza autorizzazioni) che l’olimpionica «non poteva non sapere», come avrebbe detto Antonio Di Pietro. Non poteva ignorare di aver fissato la residenza anagrafica in un luogo diverso dal domicilio, a un indirizzo cui vengono recapitate tutte le notifiche e le comunicazioni ufficiali, a partire da quelle del Comune di Ravenna di cui la signora è stata assessore per vari anni. Non arrivava la posta in Carraia Bezzi 104, frazione Santerno di Ravenna?
Migliaia di coniugi italiani, come rileva il consigliere ravennate Maurizio Bucci (Pdl) in una lettera aperta al ministro piena di interrogativi, per anni hanno usato il trucco di dichiarare due residenze diverse per beneficiare della doppia esenzione Ici per la prima casa. Ora la legge ha posto fine a questa forma di elusione. Anche Sefi Idem si è adeguata con un ravvedimento operoso alla vigilia del voto che l’avrebbe insediata al Senato. Impossibile pensarci prima?
C’è anche da chiedersi se il ministro-canoista sia così fuori del mondo da non sapere che le opere edilizie negli immobili di proprietà vanno comunicate agli uffici competenti. Le difformità sono state verificate da un accertamento dell’Ufficio edilizia del comune di Ravenna l’11 giugno scorso, una settimana dopo che un quotidiano locale aveva fatto scoppiare il caso. Se quella è casa sua, come poteva il ministro ignorare il flusso di sportivi che si recavano ad allenarsi in palestra? Non sapeva che la trasformazione di un’abitazione in un’attività commerciale dev’essere segnalata al Comune, e che la struttura va dotata dei requisiti urbanistici, igienico sanitari e di sicurezza imposti da una pletora di leggi? Davvero non conosce proprio nulla, il ministro Sefi Idem, della burocrazia vessatoria che opprime milioni di italiani?
Ed eccoci, appunto, alla palestra abusiva, la Jajo Gym, gestita dall’Associazione sportiva dilettantistica Canoa Kajak Standiana che conta 7 tessere: tre intestate al marito Guglielmo Guerrini (suo ex allenatore) che ne è anche il presidente, una al cognato Gianni e un’altra a lei stessa, il ministro.Un’associazione senza scopi di lucro tutta in famiglia, che gestiva attività aperte al pubblico: anche questo all’insaputa della Idem, nonostante le foto del sito internet che la ritraggono tra gli attrezzi ginnici con amici e medaglie? Ignorava perfino il patrocinio concesso dal Comune di cui è stata assessore?
Anche il Comune di Ravenna si è trincerato dietro il «poteva non sapere». Ha incluso la palestra Jajo Gym nella guida degli impianti sportivi comunali senza verificare che la struttura possedesse le autorizzazioni del caso. Ha fatto scattare i controlli soltanto dopo la «montatura mediatica», in mancanza della quale sarebbe tutto continuato sotto silenzio: la palestra abusiva, il mancato versamento delle imposte sulla prima casa, le irregolarità urbanistiche e sanitarie.
Ma c’è un nuovo giallo che la senatrice del Pd dovrà chiarire, e riguarda sempre i suoi rapporticon l’amministrazione comunale di Ravenna. Si tratta dei contributi previdenziali versati a suo favore dall’ente locale nel secondo mandato da assessore: 8.642 euro dal giugno 2006 al maggio 2007. Sono soldi riconosciuti agli amministratori dei comuni con più di 10mila abitanti che prendono aspettativa dal lavoro. Secondo Alvaro Ancisi, capogruppo Udc, in quei 10 mesi Sefi Idem figurava come prima e unica dipendente (istruttrice e segretaria)dell’associazione Canoa Kajak Standiana, l’associazione presieduta dal marito che ha sede in Carraia Bezzi.
I versamenti autonomi all’Inps sono scattati 10 giorni prima della nomina ad assessore: Ancisi sospetta che l’assunzione della Idem sia stata «fittizia e strumentale» all’incasso dei contributi. Nel primo periodo da assessore (maggio 2001-febbraio 2006) Josefa Idem non aveva segnalato alcun rapporto di lavoro dipendente.
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